Il Festival del cinema americano di Deauville attraversato da questioni razziali

Il Festival del cinema americano di Deauville attraversato da questioni razziali
Il
      Festival
      del
      cinema
      americano
      di
      Deauville
      attraversato
      da
      questioni
      razziali
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Il regista e attore americano Nnamdi Asomugha (a sinistra) e l'attrice Melissa Leo per il film “The Knife”, durante la 50a edizione del Deauville American Film Festival, 11 settembre 2024. LOU BENOIST/AFP

Molto prima che iniziasse, il 50e edizione del Deauville American Film Festival fece notizia: dopo l'estromissione del suo direttore Bruno Barde, per presunte molestie sessuali, le redini del festival furono affidate alla sua stretta collaboratrice Aude Hesbert, che dovette sopportare una serie di polemiche in seguito al rimpasto della sua giuria. Anche nelle sale cinematografiche si stava delineando un chiaro ed eloquente passaggio di consegne tra due momenti del cinema americano: la sua storia, fiera, conquistatrice, prevalentemente maschile e bianca. E un presente ossessionato dalla questione della rappresentanza delle sue minoranze e determinato a girare il bastone nella direzione opposta.

Al cinema Morny si poteva viaggiare a tutta velocità attraverso la storia del cinema americano attraverso cinquanta film emblematici: c'erano anche Rambo (Ted Kotcheff, 1982), cheIntolleranza (1916), di DW Griffith, Fai la cosa giusta (Spike Lee, 1989) di fronte Via col vento (1939, Victor Fleming). Accanto, c'era una retrospettiva completa di James Gray, che era venuto a tenere una masterclass e inaugurare – come vuole la tradizione – la sua capanna sulla spiaggia.

Storia e presente

In questo piccolo mondo ebraico newyorkese che il regista non ha mai smesso di esplorare, il suo ultimo film, Tempo di Armageddon (2022), ha visto l'emergere di una pura alterità, un'inversione di prospettiva: all'improvviso, il microcosmo grigio è stato osservato dalla riva della condizione nera. Il razzismo istituzionale si è infiltrato fino al punto di distruggere un'amicizia infantile. Tempo di Armageddonsi tratta in un certo senso di un'opera fondamentale, il ponte che ha collegato i due versanti di questo programma, la storia e il presente, che si è svolto in una competizione ufficiale.

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Su quattordici film indipendenti, cinque avevano un programma comune: quello di seguire personaggi afroamericani non più colti come alterità da uno “sguardo bianco”, ma colti per sé, nel cuore della loro intimità. Allo stesso esercizio, diverse risposte che vanno dall’ingenuità al più perfetto pessimismo.

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L'attore americano Will Catlett, il produttore americano Kiah Clingman, il regista americano David Fortune e la produttrice americana Kristen Uno per il film

L'attore americano Will Catlett, la produttrice americana Kiah Clingman, il regista americano David Fortune e la produttrice americana Kristen Uno per il film “Color Book”, durante la 50a edizione del Deauville American Film Festival a Deauville, 10 settembre 2024. LOU BENOIST/AFP

In Libro da colorareil regista David Fortune filma una storia selvaggiamente semplice: quella di un padre nero, recentemente vedovo, che si prende cura da solo del suo bambino con sindrome di Down. Tra difficoltà quotidiane ed epifania paterna, il film si snoda lungo una questione tenue: un attraversamento della città di Atlanta affinché il figlio possa assistere alla sua prima partita di baseball. Qui, l'handicap relega la questione razziale in secondo piano, ma tutto è immerso in una luce di benevolenza e difficoltà superabili. Catturato in un bianco e nero cotonoso, quasi assonnato, il film cade in una trappola: credere che amare i suoi personaggi consista nel renderli esemplari, angelici, presto sdolcinati.

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