Il ritratto
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Il batterista della Guadalupa fa parte della giovane guardia di musicisti dell'India occidentale che lavorano per sfuggire alle categorizzazioni esotiche per diventare una figura essenziale del jazz francese.
Ruota attorno alla libertà. La libertà di essere e di non essere più. La sorte, senza dubbio, di tutti gli individui dotati di “doppia coscienza”. Essere ? Un batterista jazz tra quelli che fanno brillare la scena francese. Non esserlo più? Un musicista dell'India occidentale che ha conquistato la metropoli. Arnaud Dolmen si è evoluto per lungo tempo tra due superfici terrestri che, a causa di un terremoto provocato dai suoi vigorosi colpi di bacchetta, finirono per frantumarsi fino a diventare una cosa sola. Karukera, suono Paesedove questo nativo di Bar-le-Duc andò a vivere all'età di 4 anni, e le scene dei club di rue des Lombards, a Parigi, dove sperimentò le sue prime emozioni jazz, ora formano un unico e uniforme territorio. E in questo territorio Arnaud Dolmen si sta divertendo molto. Percuote il ka, un tamburo della Guadalupa, tanto da far tremare i suoi tamburi. E quando le due superfici unificate talvolta si disintegrano ancora, il batterista si sforza ardentemente di curare le fratture.
Ci sono ancora molti di questi musicisti delle Indie occidentali che sono confinati nella controparte estera del jazz francese. Come lo ripetiamo? Sì, “jazz creolo”. Quasi un pleonasmo a pensarci bene. “Non penso più di essere considerato un artigiano di quella che definirei una musica “solare”. È per le mie competenze che sono chiamato in causa”. sbottò il musicista. Per due anni, il suo