Alla Fondation-Vuitton, Tom Wesselmann gioca con i dirigenti – Libération

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Expo

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Con “Pop Forever, Tom Wesselmann &…” la fondazione parigina espone numerose figure della pop art, e soprattutto il pittore americano le cui opere in tavolozze di rossetto, giallo canarino e rosa confetto superano costantemente i loro confini.

Wesselmann riteneva, afferma nella sua autobiografia pubblicata alla fine degli anni ’70, di non appartenere ad alcuno “categoria”. Nessuno ha mai voluto crederci. E non è ora che è morto (nel 2004, all’età di 73 anni) che la storia dell’arte cambierà idea. Né la Fondazione Vuitton, che fa dell’artista americano il cuore di “Pop Forever, Tom Wesselmann &…”. Ma non l’unico maestro a bordo visto che la mostra comprende anche esponenti di spicco della pop art (Jasper Johns), figure lasciate dalla storia dell’arte (Kiki Kogelnik) e poi i contemporanei che continuano a coltivare forme e tavolozza, l’iconografia pop, senza dimenticare gli esordi dadaisti. Questo rende le persone appassionate di musica pop. Un po’ troppo. Soprattutto perché le opere di Wesselmann, in gran parte maggioritarie, schiacciano la concorrenza e, dal suo punto di vista, non possono essere ridotte a questa etichetta. Cosa che però non gli è stata attribuita a sua insaputa.

Nel 1961, è nella mostra “Nuovi Realisti”, che segna gli inizi del movimento, che espone i suoi primi dipinti, contemporaneamente a Warhol e Lichtenstein. E, nelle stanze della Fondazione, è evidente. Le opere di Wesselmann sembrano soddisfare tutte le esigenze: palette di rossetti, giallo canarino, rosa bubblegum e mille tonalità sature; i pattern presi dagli scaffali dei supermercati, le bottiglie di 7 Up, le lattine di Budweiser, i pacchetti di sigarette; le ragazze delle riviste, lo striscione stellato… E la padella

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