Alla Fondazione Louis Vuitton, a Parigi, Matisse, Kelly e l’irresistibile potere dei colori

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“Curva gialla” (1990), di Ellsworth Kelly. FONDAZIONE ELLSWORTH KELLY/RON AMSTUTZ/MUSEO CORTESIA GLENSTONE, POTOMAC, MARYLAND

Vai su o giù? Questa è la domanda che ci si pone all’ingresso della Fondazione Louis Vuitton a Parigi. Salire è andare verso la mostra dedicata a L’Officina Rossa (1911), di Henri Matisse (1869-1954). La discesa inizia con la retrospettiva su Ellsworth Kelly (1923-2015). Che si svolgano insieme è facilmente comprensibile. I due pittori avevano in comune l’esperienza dei colori portati al loro massimo punto di intensità e Kelly osservò Matisse per tutta la vita. Quindi è senza dubbio preferibile obbedire alla cronologia, Matisse fungendo così da presentatore a Kelly.

Questo Matisse più precisamente: quello di L’Officina Rossa, uno dei suoi dipinti dove la questione del colore si pone con particolare acutezza e difficoltà a causa della sua genesi. Nell’ottobre 1911, su richiesta del suo collezionista moscovita Sergei Shchukin (1854-1936), Matisse intraprese un dipinto di grandi dimensioni, alto 1,81 metri e lungo 2,19 metri, che doveva essere appeso nella villa privata del mecenate. Rappresenta l’interno dello studio del pittore a Issy-les-Moulineaux (Hauts-de-Seine): uno spazio vasto e alto che aveva costruito nel 1909 vicino alla casa di famiglia.

Il motivo presenta numerosi vantaggi: l’artista deve solo guardarsi intorno, può disporre a suo piacimento le opere più antiche e la tela si adatterà naturalmente ai Matisses che Shchukine già possiede. Numerosi dipinti sono esposti alle pareti o sul pavimento, sculture su supporti, ceramiche, mobili e fiori. Fin qui nulla di particolarmente insolito, soprattutto perché Matisse ha già citato più volte le proprie opere nei dipinti successivi.

Rivestimento rosso sangue

In questa antologia di se stesso colloca una delle sue principali composizioni allegoriche, Lusso II, del 1907-1908, due dipinti che rimandano agli esordi e al Fauvismo, un nudo dalla forte carica sessuale, fiori e nudi di bronzo o di terra: autobiografia e autocelebrazione vanno di pari passo. Ma l’esecuzione prende una piega inaspettata. Dopo aver interrotto il suo lavoro per un certo tempo – un mese almeno, forse di più – Matisse ricoprì gran parte della superficie con il cosiddetto rosso “Venezia”, denso e opaco.

>“Le Luxe II” (1907-1908), di Henri Matisse.>

“Le Luxe II” (1907-1908), di Henri Matisse.

“Le Luxe II” (1907-1908), di Henri Matisse. H. TENUTA DI MATISSE/FOTO: SMK/JAKOB SKOU-HANSEN

Solo i suoi dipinti e i suoi bronzi sfuggono al recupero, che sembra essere stato effettuato in breve tempo, con gesti ampi e rapidi. Pavimento e pareti scompaiono sotto questo flusso. C’erano prima i blu, i rosa e gli ocra lì, rivelavano il lavoro dei restauratori, presentato in un video che avrebbe potuto essere più lungo perché così informativo. La metamorfosi è radicale, tanto che Shchukin rifiuta L’Officina Rossa in quello stato. Il primo acquirente, londinese, lo acquistò solo nel 1927 per arredare il Gargoyle Club, luogo di piaceri chic. Rimase lì per un decennio, fu venduto e trasferito a New York, dove il MoMA lo acquistò nel 1949.

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