“Mio padre aveva una grande sensibilità per l’edilizia abitativa”: a Vannes e Auray, luce sull’opera di Bernard Guillouët

“Mio padre aveva una grande sensibilità per l’edilizia abitativa”: a Vannes e Auray, luce sull’opera di Bernard Guillouët
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Stai firmando, insieme allo storico dell’architettura Daniel Le Couédic e al sociologo Jean-Louis Violeau, un libro riccamente illustrato, dedicato a tuo padre, l’architetto Bernard Guillouët, morto nel 2022. Come puoi definire il suo stile?

Ha realizzato un centinaio di case e 1.000 unità abitative collettive, che sono pochissime, e diverse strutture pubbliche, in uno spirito moderno, anche se non fa un’architettura bianca e cubica, è un’altra branca del modernismo. Accetto anche il termine neoregionalismo per quanto riguarda la sua architettura, con una forte presenza di ardesia, anche se non ha usato questa parola.

La sua caratteristica sono le sezioni sfalsate del tetto, con una sezione maggiore e una sezione minore, che consente alla luce di entrare. Scoprimmo poi che le sue case avevano uno spirito di “casa della prateria”, il movimento dell’architetto americano Frank Lloyd Wright, uno spirito di “nuova terra”, in riva all’oceano, anche se non era stato formulato così da papà.

Ad Arradon è autore di quattordici case, della mediateca, della scuola, della mensa… è una città quasi costruita da lui.

Che traccia lascia sul nostro territorio?

Molti architetti lo conoscono in Bretagna, anche se ha costruito poco. Ad Arradon è autore di quattordici case, della mediateca, della scuola, della mensa… è una città quasi costruita da lui. Ho lavorato con mio padre, come altri giovani architetti, ma solo su commissioni pubbliche, non su case private, che erano sua prerogativa. La mia tesi è che l’attrezzatura non era la sua maggiore sensibilità, mentre l’abitazione lo era. Un amico mi ha detto “tuo padre non parlava di case, ma di abitazione”. Nelle sue case c’è un completamento, è difficile andare oltre in questo genere. Aveva un talento nell’individuare buoni tiri.

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Bernard Guillouët, l’architetto della qualità della vita nel Morbihan, negli archivi dipartimentali di Vannes, durante un’intervista per la rivista Archi à l’Ouest, su Tébéo-TébéSud, nel 2018. (Tébéo/TébéSud)

Questo è il primo bellissimo libro dedicato a tuo padre. Lui stesso commentava raramente il suo lavoro?

Aveva problemi con il linguaggio, ecco perché invece di parlare costruiva. Non ha scritto un libro durante la sua vita, ci sono state solo due o tre pubblicazioni su di lui. Non scrisse sulle sue intenzioni teoriche: era molto intuitivo, non riusciva a dire perché stesse mettendo lì un tetto piano, piuttosto che altro. La mia formazione è cercare di tradurre l’architettura in un linguaggio razionale, da qui questo libro. Voglio anche che sia nelle biblioteche, in modo che possiamo farvi riferimento per la ricerca. Il libro è più durevole dell’edificio.

Pratico

“Bernard Guillouët, una vita di architettura”, di Daniel Le Couédic, Christophe Guillouët e Jean-Louis Violeau, ed. Locus Solus, 256 pag., €29.

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