Frédéric Fréry, ESCP Business School – Il mito dell’imprenditore: quando la fortuna incontra l’ossessione – Strategie & Management

Frédéric Fréry, ESCP Business School – Il mito dell’imprenditore: quando la fortuna incontra l’ossessione – Strategie & Management
Frédéric Fréry, ESCP Business School – Il mito dell’imprenditore: quando la fortuna incontra l’ossessione – Strategie & Management
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Mentre l’azionista è spesso assimilato dal grande pubblico ad un approfittatore e il manager è visto come un ottuso burocrate, la figura dell’imprenditore gode di un’immagine particolarmente positiva.


Fin dall’opera fondatrice degli economisti Richard Cantillon nel XVIII secolo, Jean-Baptiste Say nel XIX secolo e soprattutto Joseph Schumpeter nel XX secolo, l’imprenditore è stato visto come un motore essenziale dell’innovazione e della prosperità. Secondo Schumpeter l’imprenditore è l’elemento dinamico che permette all’economia di rigenerarsi. Anche Karl Marx sottolinea che quello che lui chiama “capitalista imprenditore” gioca un ruolo rivoluzionario nell’economia. Da Gustave Eiffel a Xavier Niel e da Steve Jobs a Elon Musk, le icone dell’imprenditorialità ispirano generazioni di giovani laureati, che si vedono più come futuri Mark Zuckerberg che come noiosi ingranaggi di una grande macchina burocratica.


Questa rappresentazione eroica dell’imprenditore si ritrova nella famosa citazione attribuita a Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn: “Un imprenditore è qualcuno che si lancia da un dirupo e costruisce un aereo durante la caduta. » Qui troviamo due elementi centrali della figura dell’imprenditore: l’ostinazione e la fortuna.


Gli imprenditori si caratterizzano infatti per la loro ostinazione, che a volte rasenta l’ossessione. Provare, riprovare sembra essere la loro parola d’ordine, come Thomas Edison, che disse: “Il modo più sicuro per avere successo è sempre provare ancora una volta. » o Henry Ford, che aggiungeva: “Il fallimento è solo l’opportunità per ricominciare in modo più intelligente. “.


Tuttavia, non basta cercare di avere successo: si può essere condannati al fallimento perpetuo. La fortuna è quindi la seconda dimensione dell’imprenditorialità. Dietro ogni imprenditore di successo ce ne sono sempre altri, altrettanto talentuosi, altrettanto perseveranti, altrettanto visionari, ma meno fortunati, che purtroppo hanno fallito. Il successo è un insieme di elementi di tale diversità e complessità che nessuno è in grado di padroneggiarne i meccanismi. A volte, per caso, avviene l’allineamento dei pianeti. Molto spesso ciò non accade. Riprovare invoca solo nuovamente fortuna.


Tuttavia, dietro la fortuna e l’ostinazione, esisten spesso un’altra condizione poco conosciuta per il successo degli imprenditori: l’ereditarietà. In effetti, sono pochi gli imprenditori che non hanno un genitore, zio, zia o cugino che non sia stato anch’egli un imprenditore. Questo genitore funge da modello e permette alle persone di osare rischiare, mentre chi proviene da una famiglia in cui l’imprenditorialità è assente avrà più paura di gettarsi dal precipizio, per impossessarsi dell’immagine di Reid Hoffman.


Infine, se l’imprenditore è una figura eminentemente positiva, non bisogna dimenticare che le qualità necessarie per creare un’impresa non sono quelle che permettono di gestirla: i buoni imprenditori spesso sono cattivi manager. La loro ostinazione e il loro gusto per il rischio mal si adattano agli imperativi della gestione quotidiana di un’organizzazione. Gli imprenditori, una volta completata la loro creazione, devono quindi talvolta lasciare il posto ai manager, maggiormente in grado di farla prosperare.


Nel complesso, se ne hai voglia, non esitare, crea un’impresa. In effetti, senza nuove imprese, la strategia rischierebbe, a poco a poco, di diventare simile alla geriatria.

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