Teacup (Stagione 1, episodi 1 e 2): mistero e caramelle al ranch

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La nuova serie Tazza da tètrasmesso su Peacock negli Stati Uniti, si presenta come un thriller di fantascienza con un tocco di horror. Ispirato al romanzo Pungiglione di Robert R. McCammon (1988), questa serie prometteva molto sulla carta: un’ambientazione misteriosa, elementi soprannaturali e un’atmosfera pesante. Tuttavia, dopo aver visto i primi due episodi, è difficile non provare una certa frustrazione per una storia che sembra mancare di fantasia e ritmo. Fin dai primi istanti lo capiamo Tazza da tè poggia su una base narrativa logora: una famiglia isolata in una fattoria, circondata da strani fenomeni nei boschi circostanti. La famiglia Chenoweth, attorno alla quale ruota la trama, è composta da Maggie (Yvonne Strahovski), una veterinaria calma e composta, dai suoi due figli Arlo e Meryl, da suo marito James, che sembra non fare altro che sussurrare continuamente, e da sua madre suocera Ellen, la cui ostilità latente non impiega molto tempo a esplodere.

Un misterioso pericolo minaccia gli estranei in un ranch del Texas, costringendoli a unirsi contro la minaccia sconosciuta.

Il problema principale di questi primi episodi risiede nella scrittura. La trama sembra senza vita, basandosi su cliché fin troppo familiari del genere: creature misteriose, personaggi posseduti ed entità aliene che si manifestano attraverso segni fisici inquietanti. Purtroppo questi elementi sono così poco sfruttati che non si avvertono né brividi né tensione. Ogni scena sembra prolungata, ripetitiva e l’azione reale è troppo scarsa per mantenere vivo l’interesse dello spettatore. Una delle cose più frustranti è la quantità di dialoghi superficiali e vuoti. I personaggi passano il tempo a raccontarsi quanto sono spaventati, ma questo non è mai veramente giustificato sullo schermo. Sembra che la serie stia cercando di convincerci della sua atmosfera inquietante senza effettivamente costruirla. Questa sensazione di noia è accentuata da una palese mancanza di sviluppo del personaggio.

Maggie, che tuttavia è interpretata da un’attrice talentuosa come Yvonne Strahovski (premiata per il suo ruolo in Il racconto dell’ancella), si ritrova relegata a sguardi preoccupati e conversazioni banali, mentre gli altri membri della famiglia, soprattutto i bambini, mancano crudelmente di profondità. È deplorevole notare che i personaggi di Tazza da tè sono anche poco sviluppati. Maggie, nonostante la prestazione sempre impeccabile di Strahovski, sembra esistere solo per reagire agli eventi che la circondano. Suo marito, James, interpretato da Scott Speedman, aggiunge poco alla trama, accontentandosi di girovagare per casa, con lo sguardo distratto. Anche a Ellen, potenzialmente il personaggio più interessante con i suoi conflitti familiari sottostanti, sono consentite solo alcune scene degne di nota prima di essere relegata in secondo piano. Per quanto riguarda gli antagonisti, se è vero che le figure mascherate e le creature del bosco possono suscitare un certo interesse, non vengono mai realmente sfruttate al massimo delle loro potenzialità.

Possiamo percepire un omaggio a opere come quelle di John Carpenter, in particolare con l’aggiunta di elementi di orrore corporeo (la rapida trasformazione dei corpi in statue grottesche quando attraversano una linea misteriosa), ma queste scene sono troppo rare per salvare una trama complessivamente fiacca. Nonostante tutte queste carenze, Tazza da tè non è del tutto privo di qualità. Esteticamente, alcuni momenti sono visivamente sorprendenti. I paesaggi inquietanti dei boschi circostanti, con creature in agguato nell’oscurità, creano un’atmosfera intrigante. Questi momenti però sono troppo sparsi e non bastano a compensare la lunghezza e i dialoghi insipidi che punteggiano gli episodi. La colonna sonora aggiunge un tocco di stranezza che avrebbe potuto essere uno dei punti di forza della serie se sfruttata in modo più audace. Inoltre, le bizzarre interpretazioni di Rob Morgan e Jackson Kelly nei panni di Masked Men suggeriscono che la serie avrebbe potuto beneficiare di un tono più eccentrico e singolare.

Ma ancora una volta questi elementi vengono soffocati da una narrazione eccessivamente convenzionale. Uno dei maggiori difetti di Tazza da tè è senza dubbio il suo ritmo. Ogni episodio sembra infinito, con scene che avrebbero potuto essere tagliate a metà senza perdere il loro impatto. In più occasioni speriamo che la trama acceleri finalmente, che gli eventi si susseguiscano, ma ci ritroviamo costantemente delusi da rallentamenti inutili e lunghe discussioni che non aggiungono nulla alla storia. Penseresti che questi ritmi lenti servano ad aumentare l’atmosfera, ma invece di creare tensione, diluiscono solo la trama e frustrano lo spettatore. Il concept stesso della serie, che mescola horror e fantascienza, avrebbe dovuto offrire più momenti di suspense, terrore o addirittura azione. Sfortunatamente, la maggior parte del tempo viene trascorso in sussurri e umori che girano in tondo. In sintesi, i primi due episodi di Tazza da tè lasciano l’amaro sapore della delusione.

Quella che avrebbe potuto essere una serie accattivante, con un mix di generi e un’atmosfera unica, si rivela una serie di cliché mal sfruttati e dialoghi poco interessanti. La serie fatica a trovare il suo ritmo, i suoi personaggi sono piatti e i pochi momenti visivamente suggestivi non bastano a compensare una trama prevedibile e una mancanza di tensione. Per gli appassionati di serie horror e di fantascienza, Tazza da tè sarà probabilmente un’esperienza frustrante. Non è tanto che la serie sia completamente brutta, ma piuttosto che non sembra mai decollare davvero. Con un materiale di partenza promettente, non riesce a offrire una visione coerente e coinvolgente. Se vuoi essere veramente affascinato, probabilmente dovrai cercare altrove, perché Tazza da tè rischia di sprofondare nell’oblio con la stessa rapidità con cui è apparso.

Nota: 3/10. Insomma, una brutta serie horror.

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