Con una squadra dall’età media di 22 anni, lo Stadio è andato molto vicino a compiere un’impresa clamorosa. Sorprendente? Non tanto…
Le cifre bastavano a dare le vertigini o addirittura le vertigini: sabato sera, Lo Stade Toulouse aveva schierato un XV titolare con un’età media di 22,4 anni con quattro neofiti – più altri quattro debuttanti in due partite della Top 14 o meno – e un solo trentenne a referto. Già prima del fischio d’inizio si sono levate voci un po’ ovunque per denunciare l’impasse imposta dal calendario, la concorrenza farsa e così via. Lo scontro degli estremi – a livello di esperienza, sulla carta – avrebbe potuto infatti trasformarsi in una dimostrazione, in una sculacciata. Ma diciamolo, l’età è solo un numero; e lo Stade Toulouse è un club unico.
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Non deve la sua differenza solo alla massiccia presenza di internazionali tra le sue fila, i famosi Dupont, Ramos, Ntamack e compagnia che ne fanno la gloria attuale; la casa rossonera ha anche una giovinezza di sorprendente ricchezza e maturità. Sabato sera, la classe bottiglia Ernest-Wallon – con niente meno che quindici campioni francesi promettenti – ha spinto i suoi limiti opponendosi ai Rochelais – certamente poco ispirati – nella stragrande maggioranza dei settori: mischia d’introduzione avversaria a parte, era presente nell’impegno, i duelli o anche la battaglia tattica.
Lì per creare ricordi
Menzione speciale, tra tutti, a Valentin Delpy, per la sua compostezza contro i polacchi, a Lucas Vignères, per il suo entusiasmo, incarnato da questa sorprendente carica su Atonio, o a Sialevailea Tolofua, che colpisce ogni intervento. Al di là del comportamento individuale, merita di essere lodato il rendimento complessivo della truppa: “Ciò che domina è tanto orgoglio e rammarico allo stesso tempo perché i ragazzi hanno meritato il pareggio, ha elogiato Jean Bouilhou al fischio finale. Ma che stato d’animo, che sacrificio durante tutti gli ottanta minuti”. Quale migliore esempio in questo ambito di Nelson Epée, particolarmente febbricitante all’inizio ma che ha costantemente faticato in difesa – undici contrasti – e che si è ritrovato a pochi metri dal segnare l’impresa al termine di una corsa folle. Deflandre ha tremato fino alla fine dopo aver sferrato un primo colpo, quando i suoi favoriti avevano contato dieci lunghezze e tre tentativi a metà del secondo atto. Ma i visitatori non si sono limitati a resistere: “Quello che mi piace particolarmente è che i giovani che alleniamo in questo club stanno crescendo bene e sono capaci di contrastare le migliori squadre”ha riassunto il tecnico.
Ovviamente, allenarsi ogni settimana insieme alla banda di Dupont, adottando la stessa identità rugbistica e avendo come mentori la coppia Mélé-Kaino, presenta alcuni vantaggi: “Durante la settimana abbiamo avuto molto aiuto per arrivare alla partita in buone condizioni, osservò, come se nulla fosse, Valentin Delpy. Poi, una volta in campo, abbiamo fatto quello che sapevamo fare: andare in difesa, fare una conquista molto pulita (100% sui propri lanci, nota dell’editore)metti giù il nostro rugby…” Il tutto senza l’ombra di un complesso: “Non avevamo troppa pressione, eravamo lì per creare ricordi, ha confermato Clément Vergé. Un pareggio non sarebbe stato male ma il bonus verrà comunque ricordato”. Visto il contesto ha sicuramente più valore di tutti gli altri.