La Bosnia-Erzegovina, attualmente totalmente dipendente dalle importazioni di gas naturale russo, ha compiuto un passo significativo verso la diversificazione energetica. Giovedì sera la Camera dei rappresentanti dell'entità croato-bosniaca ha votato a favore della costruzione di una nuova interconnessione del gas che collegherà la Bosnia alla Croazia. Questo progetto, a lungo bloccato da dispute politiche interne, potrebbe segnare una svolta nella sicurezza energetica del Paese balcanico.
Per anni il Paese ha fatto affidamento esclusivamente su un’unica interconnessione, che collegava il proprio sistema del gas a quello della Serbia, e quindi alla Russia. Nel 2023 la Bosnia ha consumato circa 225 milioni di metri cubi di gas, interamente proveniente dalla Russia. Questo monopolio energetico, che grava sui suoi 3,5 milioni di abitanti, suscita crescenti preoccupazioni, soprattutto nel contesto dell’attuale instabilità geopolitica.
Un progetto strategico sostenuto da player internazionali
La nuova interconnessione consentirebbe alla Bosnia di connettersi al terminale di gas naturale liquefatto (GNL) situato sull’isola croata di Krk, un punto chiave di approvvigionamento diversificato per l’Europa. Il piano gode anche del sostegno di potenze straniere, compresi gli Stati Uniti, che hanno intensificato la pressione per far avanzare la legislazione. Il testo dovrà ancora essere adottato dalla Camera dei Popoli prima di entrare in vigore, un processo che rimane incerto.
Il terminal di Krk è visto come una soluzione strategica per ridurre l’influenza russa sul mercato energetico dei Balcani. La Croazia, sebbene confinante, ha già accesso a vari fornitori attraverso questo terminal, che potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel rifornire la regione, compresa la Bosnia.
Persistenti blocchi politici interni
Tuttavia, la strada verso questa diversificazione energetica rimane irta di insidie. Il progetto divide i partiti politici in Bosnia, un paese frammentato dalla guerra intercomunale del 1992-1995. Nel 2021 un tentativo simile di approvare una legge sull’interconnessione è fallito, soprattutto a causa delle obiezioni del leader del partito politico croato in Bosnia, Dragan Covic. Quest'ultimo insiste affinché la gestione dell'infrastruttura sia affidata ad una nuova società, dominata dagli interessi croati, piuttosto che alla società pubblica “BH Gas”, percepita come sotto il controllo bosniaco.
Se simili blocchi emergessero alla Camera dei Popoli, la decisione potrebbe essere portata davanti alla Corte Costituzionale, l'unica capace di pronunciarsi in caso di impasse.
Un passo verso la resilienza energetica
Nonostante queste sfide politiche, la nuova interconnessione rappresenta una speranza per la Bosnia. Riducendo la sua dipendenza da un’unica fonte, questo progetto potrebbe migliorare la resilienza energetica del Paese e mitigare i rischi associati alle interruzioni della fornitura. La mossa riflette anche una tendenza più ampia in Europa, dove diversi paesi stanno cercando di diversificare le proprie importazioni per proteggersi dalle pressioni geopolitiche.
La finalizzazione di questa legge e la sua attuazione determineranno se la Bosnia riuscirà finalmente a voltare pagina sulla sua dipendenza energetica dalla Russia, una questione strategica per la sua sovranità e stabilità economica.