Come le scoperte di ieri ispirano quelle di oggi

Come le scoperte di ieri ispirano quelle di oggi
Come le scoperte di ieri ispirano quelle di oggi
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Buona sorpresa e nostalgia! L'eredità di grandi scienziati, come l'astrofisico Hubert Reeves e il paleoantropologo Yves Coppens, fornisce le chiavi per il futuro della ricerca, una constatazione ottimistica fatta durante tributi tutt'altro che convenzionali a queste due figure scomparse. Le loro scoperte aprono la strada a ricerche nuove e più fondamentali, notano i loro colleghi. A riprova di questa idea, espressa il 18 ottobre al CNRS, di un ritorno agli studi dedicati al deuterio cosmico, vecchio di 13,8 miliardi di anni, condotti più di cinquant'anni fa dall'autore di Polvere di stelle.

Lavorando sulle prime fasi del big bang, Hubert Reeves si è poi dedicato allo studio di questo idrogeno pesante (oltre a un protone, il suo nucleo ha un neutrone) che viene utilizzato nei reattori a fusione nucleare come ITER, sogno di un sole artificiale, il Santo Graal nella conquista dell'energia ad vitam aeternam… Il deuterio cosmico ha il pregio di essere un formidabile indicatore. La sua quantità permette di determinare uno dei dati più fondamentali dell'Universo: il rapporto tra la materia ordinaria – quella degli atomi, dei pianeti e delle galassie che conosciamo – e la materia dell'intero Universo. Una guida fondamentale alla “materia oscura” che finora è sfuggita al rilevamento.

Quale proposta fanno gli astrofisici? Ritorno alle prime misurazioni pubblicate nel 1972 da Reeves e Johannes Geiss (ex direttore dell'International Space Science Institute di Berna), effettuate in modo brillante grazie a un rilevatore fatto di fogli di mica, piazzato sulla Luna dagli astronauti dell'Apollo , per analizzare il vento solare. La NASA ha aiutato, il potentissimo telescopio James-Webb può oggi prendere la fiaccola del deuterio cosmico.

Ritorno sulla terra, direzione Etiopia, nel sito di Hadar, e questioni… di adattamento al clima e all'ambiente. Il 16 novembre al Musée de l'Homme si celebra il cinquantesimo anniversario della scoperta, nel 1974, dell'australopiteco Lucy, vecchio di 3,2 milioni di anni – che “deve la sua fama in Francia a Yves Coppens”, sottolinea Raymonde Bonnefille, autore di Sulle orme di Lucia (Ed. Odile Jacob), all'epoca membro della Spedizione Internazionale di Ricerca Afar.

Allora specialista in pollini (più di 50.000 raccolti), lo scienziato ora giudica questo“Molto resta da chiarire sui paesaggi” intervistato dal Australopithecus afarensis. Poiché la specie è sopravvissuta non meno di 900.000 anni, tre volte più a lungo di noi, il Un uomo saggio… Tanto da interrogarsi sulle ragioni del suo “successo”, sulla sua capacità di attraversare periodi durante i quali il clima e l’ambiente variavano, questione che affascinava Coppens. Si noti che è a questo periodo pliocenico che dobbiamo risalire per trovare un’alta percentuale di CO2 nell’atmosfera, paragonabile a quella odierna. Abbastanza per sfidare gli scienziati, e non solo gli antropologi.

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