Morte di Naomi Musenga a Strasburgo: tutto quello che c’è da sapere prima del processo all’operatrice Samu

Morte di Naomi Musenga a Strasburgo: tutto quello che c’è da sapere prima del processo all’operatrice Samu
Morte di Naomi Musenga a Strasburgo: tutto quello che c’è da sapere prima del processo all’operatrice Samu
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L’operatore Samu di Strasburgo, che ha deriso Naomi Musenga al telefono nel dicembre 2017, ha fatto un confronto questo giovedì 4 luglio davanti al tribunale penale per “mancata assistenza a persona in pericolo”.. Corinne M., oggi operatrice, 60 anni, non aveva preso sul serio le chiamate di Naomi. Non aveva trasmesso all’ufficiale medico la chiamata della giovane che lamentava dolori addominali e sanguinamento. Naomi, 22 anni, è morta poche ore dopo all’ospedale di Strasburgo. France Bleu fa il punto su ciò che è necessario sapere sul caso prima del processo.

“Aiutami, sto per morire…”

La debole voce di Naomi Musenga fa ancora rabbrividire a più di sei anni e mezzo dagli eventi. Ha fatto questa chiamata al Samu il 29 dicembre 2017. Corinne M., l’operatrice che l’ha messa in linea, non ha ritenuto opportuno trasferire la sua chiamata al medico curante. Con tono scocciato mi ha addirittura risposto “Tutti devono morire un giorno, mentre la giovane, 22 anni, visibilmente in difficoltà, gli ha chiesto aiuto. Naomi morirà poche ore dopo in ospedale.

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Dopo una prima chiamata alle 11:28, è un amico che fa una seconda chiamata, un’ora dopo. Descrive i suoi sintomi: forte sanguinamento, diarrea molto grave. In entrambe le occasioni è stata Corinne M., l’operatrice di Samu, a dirgli di chiamare i medici SOS nonostante la gravità dei sintomi. Dieci minuti dopo, i medici dell’SOS sono arrivati ​​sul posto e hanno avviato i servizi di emergenza, che sono arrivati ​​rapidamente. Poco prima delle 14, quando è arrivato il Samu, la giovane Naomi è entrata in coma e ha subito un arresto cardiaco. È morta intorno alle 17:30, nonostante i tentativi di rianimazione.

Negligenza dell’operatore

L’inchiesta lo ha dimostrato l’operatore non aveva seguito la procedura. Avrebbe dovuto fare più domande sulle condizioni della giovane donna. Non ha cercato l’esistenza di segni gravi e non ha inoltrato la chiamata al medico curante. Cosa ancora più grave, durante la seconda chiamata, non prende nemmeno l’identità o l’indirizzo della persona che la chiama, mentre l’amica di Naomi parla di sanguinamento vaginale e diarrea profusa.

Ciò che era più notevole in quel momento era la mancanza di empatia dell’operatore. Anche se durante l’udienza riconosce che questa frase era “stupido“, lei nega di aver mostrato disprezzo. Si difende indicando in particolare che “tutti i pazienti parlano con voce debole“.

Un trattamento rapido non avrebbe salvato Naomi

Il rapporto dell’IGAS (Ispettorato generale degli affari sociali) concludeva nel giugno 2018 che Naomi M non aveva beneficiato di un sostegno conforme alle buone pratiche. Ha sottolineato le disfunzioni, vale a dire quello la procedura del regolamento Samu 67 non era conforme alle istruzioni. Riteneva che la decisione dell’operatore avesse ritardato di due ore e venti minuti il ​​trattamento del paziente. Anche il boss di Samu 67, implicato nel rapporto Igas, lo aveva fatto si è dimesso in seguito a questa vicenda.

Sulle cause della morte di Naomi Musenga gli esperti hanno inizialmente evidenziato un’overdose di paracetamolo. Lo ha concluso l’ultima perizia la morte è avvenuta per shock addominale. Se le conclusioni degli esperti sono divergenti sulle cause della morte della giovane, sono però unanimi nel dire che al momento della chiamata le sue condizioni erano al di fuori di ogni risorsa terapeutica. Chiaro, nemmeno un trattamento immediato avrebbe salvato Naomi. È per questo motivo che l’operatore non viene incriminato per omicidio colposo.

Una famiglia che vuole risposte

Per chi è vicino a Noemi, questa prova è vissuta come un sollievo dopo più di sei anni di indagini, anche se resta la frustrazione di vedere una sola persona processata in questo caso. Lode, la sorella di Naomi, crede che “ci sono responsabili a più livelli. Ci rammarichiamo che alcune responsabilità non siano state evidenziate”.

Ciò che la famiglia vorrebbe sono le scuse dell’operatore. Non ne hanno sentito parlare fino ad ora, ha detto Lode, la sorella di Noemi: “Fin dall’inizio abbiamo cercato la risposta se questa persona fosse consapevole della gravità della situazione e, in coscienza, se ne rammarica? Vuole scusarsi? Non so cosa le passasse per la testa, ma lasciale ammettere che aveva torto.”

Il padre di Naomi non sarà presente al processo. Morì nel 2022, ancor prima della fine delle indagini e dell’incriminazione dell’operatore.

Bablyne (madre) e Louange (sorella) di Naomi Musenga, sono morte dopo una chiamata a Samu 67 che non era stata presa sul serio dall’operatore nel dicembre 2017. © Radio Francia
Olivier Vogel

Un sistema di regolamentazione d’emergenza messo in discussione

Per Marc Noizet, presidente di Samu-Urgences de France, “Un’intera professione è stata devastata da questa vicenda.“, ha spiegato lo scorso maggio su France Info.

Dopo questa tragedia, il Samu ha istituito un corso di formazione certificato obbligatorio di un anno per gli operatori Samu. L’Alta Autorità per la Sanità ha messo in atto guide per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure all’interno del Samu. Infine, i Samu vengono ormai controllati ogni quattro anni dall’Alta Autorità della Sanità.

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