In che modo la vicenda dei Possédées de Loudun è diventata un affare di stato?

In che modo la vicenda dei Possédées de Loudun è diventata un affare di stato?
In che modo la vicenda dei Possédées de Loudun è diventata un affare di stato?
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È al crepuscolo della caccia alle streghe che si svolge il caso del troppo attraente prete Urbain Grandier e delle sue turpitudine poco sacerdotali con le Orsoline di Loudun e la loro priora, Jeanne des Anges. Tutto ebbe inizio nel 1632 quando lei e alcune sorelle, esaltate quanto la loro superiora, furono colte da convulsioni e si dissero possedute dal demonio. C’è da dire che i nervi sono a fior di pelle in una città dove la peste ha appena mietuto 3.700 vittime su 14.000 abitanti. Le suore vengono esorcizzate dai demoni, che poi iniziano a parlare attraverso la loro bocca e rivelano la loro identità. Declamando le peggiori oscenità, le sventurate incolpano il parroco di Saint-Pierre-du-Marché, il bel Grandier, che ha già sedotto molti dei suoi parrocchiani, con grande dispiacere delle autorità ecclesiastiche, e in particolare del canonico. Mignon, cappellano delle Orsoline, che si scaglia contro il prete.

Nuove scene di convulsioni

Richelieu inviò a Loudun un suo uomo, il consigliere di stato Jean Martin de Laubardemont, per dirigere la demolizione del castello di questa città che era stata a lungo un centro del protestantesimo. Le indagini sono affidate a lui. Grandier, arrestato per stregoneria, può protestare la sua innocenza, ma i posseduti continuano a sopraffarlo, e gli scontri portano solo a nuove scene di convulsioni. Laubardemont, dotato di poteri eccezionali, ricevette severe istruzioni dal nuovo Custode dei Sigilli, Pierre Séguier. Inizia il processo. L’imputato, riconosciuto colpevole di magia, maledizioni e possessione diabolica, è condannato ad essere arso vivo. L’esecuzione ebbe luogo sulla piazza del mercato di Loudun, il 18 agosto 1634. Effetti crudeli della vendetta di Richelieu? È quanto suggerisce il titolo di questo libro dedicato alla vicenda, scritto quasi sessant’anni dopo i fatti da un rifugiato protestante ad Amsterdam, Nicolas Aubin. E la vera responsabilità del cardinale? Riapriamo il file.

Grandier sarebbe il vero autore di un pamphlet anonimo

Nel 1618, allora vescovo di Luçon, Richelieu aveva già a che fare con il prete di Loudune in un’oscura questione di precedenza: Grandier lo urtò durante un’assemblea sinodale. Potè poi aggravare la sua situazione rifiutandosi di cedere al prelato un terreno che questi desiderava acquistare per ampliare la tenuta di famiglia su cui costruì il castello e il nuovo paese che porta il suo nome. Il cardinale è generalmente mal disposto nei confronti di questi loudunani che sono riluttanti, nonostante i suoi molteplici stimoli, ad andare a popolare la sua città, 20 chilometri a est, “quelli che volevano ritirarsi hanno preferito andare a cercare asili e pensioni altrove ”, specifica laconicamente Aubin, suggerendo che senza dubbio preferivano la libertà nella mediocrità alla sottomissione nel privilegio. Da lì a dare l’esempio nella persona di Grandier, c’è una presunzione che bisogna evitare di trasformarsi in certezza.
Perché c’è qualcosa di più serio. Si dice che Grandier sia il vero autore di un opuscolo anonimo pubblicato nel 1627, la Lettera del calzolaio della Regina Madre al signor de Baradas. Si tratta di un piano di riforme della monarchia, di cui tanti circolano da quando l’assemblea dei notabili, riunitasi a Rouen all’inizio dell’anno, ha lanciato un appello alle riforme a tutti gli uomini di buona volontà. Richelieu non ne negherebbe l’essenziale, se il testo non si concludesse con due sentenze omicide che ordinavano al re, prima di portare a termine qualsiasi progetto politico, di scacciare dal suo Stato “questo demone delle liti e degli imbrogli, questo avvoltoio affamato che rode il interni dei tuoi soggetti. Facile intuire chi siano le amenità così designate… E, se rimane qualche dubbio, presto circola una seconda lettera che riprende il titolo iniziale, piena di allusioni ancora più esplicite a questo prelato che prese “con una siringa nel didietro” [Richelieu souffre d’hémorroïdes] più spazio in sei mesi del defunto Principe d’Orange con la spada in mano per tutta la vita” e sperando di vedere presto questo “Baal inciampare alla vista dei suoi sacerdoti”. Ci sono cose che non vengono dette. Ma chi diavolo avrebbe potuto pronunciarli?

Richelieu non perdona il turbamento pubblico causato dalla vicenda

Baradas è il primo scudiero di Luigi XIII, colpito dalla disgrazia durante l’assemblea di Rouen, per la quale il famoso calzolaio, chiaramente identificabile, quanto a lei, da una dama di Loudun, la vedova Catherine Hammond, che forniva Marie, pretende di consolarlo . de Medici in scarpe, e fu per un certo periodo l’amante del favorito caduto. Ma è improbabile che sia stata lei l’autrice dell’opuscolo. Allora chi ?
Cinque anni dopo, gli scagnozzi del cardinale non sono ancora riusciti a identificare l’insolente. Inizia così l’inchiesta sul processo Grandier, incriminato dal canonico Jean Mignon e da un corrispondente di Richelieu in città, René Mesmin de Silly, entrambi autenticamente gelosi dei successi pubblici e femminili del sacerdote. Troveranno conveniente attribuire a quest’ultimo la paternità (plausibile, ma non provata) dell’opuscolo, per fornire materiale all’accusa. Quanto alla realtà dei possedimenti, Richelieu, troppo cartesiano prima della lettera, non si lascia ingannare, come attesta il suo Memorie la sua menzione di “alcune suore Orsoline nella città di Loudun che sembravano possedute”. Ciò che quest’uomo d’ordine non perdona è il turbamento pubblico che la vicenda causò, e contro il quale egli volle dare un esempio del corpo infiammabile di Urbain Grandier, anche se ciò significava sanzionare una misura di vendetta personale, poiché È vero che la grandezza di un uomo eccezionale sta nel saper fondere il suo interesse privato con l’interesse pubblico.

1620: presto finirà la posta in gioco per le streghe

Intorno al 1620, il Parlamento di Parigi si oppose alla caccia alle streghe e condannò addirittura alcuni magistrati per averli giustiziati.

Ci fu infatti una forte ripresa, se non della stregoneria, almeno della caccia agli stregoni e alle streghe in Europa dagli anni Sessanta del Cinquecento al 1630. È inseparabile da un periodo di paure, lotte, carestie, epidemie ed eresie miste. Michelet vi vedeva un aspetto della guerra tra i sessi e un’aspirazione femminile a vendicarsi dell’oppressione maschile. Niente come. Le donne, infatti, non sono state sistematicamente le vittime prioritarie della repressione: se sono dieci volte più perseguite degli uomini in regioni come le zone frontaliere della Francia, le Fiandre o la contea dell’Essex, il Parlamento di Parigi condanna un po’ più gli uomini che le donne per stregoneria. Occorre inoltre distinguere l’accusa di stregoneria in senso stretto, che presuppone rapporti volontari e criminali con il diavolo – nella cui realtà credono i giudici -, dalla possessione, la cui vittima è prevalentemente una donna, spesso una suora, ma che nella maggior parte dei casi proviene da uno stregone, spesso confessore del convento. La fine dei processi per stregoneria coincide con il trionfo delle riforme religiose, quando riusciamo a distinguere tra gli interventi diabolici, ai quali quasi non crediamo più, almeno tra le élite, e quelli oggettivamente criminali: frode o avvelenamento. Così, l’affare Veleni, benché odorasse di zolfo, non si trasformò mai in un processo per stregoneria: la marchesa de Brinvilliers fu decapitata nel 1676 per aver ucciso suo padre, poi i suoi fratelli, con le sue “polveri di successione”. Il formicaio di preti destituiti, maghi, abortisti e avvelenatori trafficanti di filtri e veleni che gli inquirenti poi stanarono (in tutto furono 367 le persone che si presentarono alla riunione della Chambre ardente del 1680, tra cui la celebre Catherine Deshayes, monvoisin detta la Neighbor) è chiaramente distinguibile dagli autentici stregoni. Una sentenza di Colbert del 1682 segnò la fine dei processi per stregoneria.

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