Mons. Dominique Rey: “I cristiani in Terra Santa hanno bisogno di vedere le mani tese”

Mons. Dominique Rey: “I cristiani in Terra Santa hanno bisogno di vedere le mani tese”
Mons. Dominique Rey: “I cristiani in Terra Santa hanno bisogno di vedere le mani tese”
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Perché hai deciso di andare in Terra Santa?

Soprattutto stiamo intraprendendo un viaggio di pellegrinaggio. Questa è per noi un’opportunità per rifocalizzarci, per prenderci un po’ di tempo reale per rileggere, in una regione fortemente colpita dal conflitto tra Israele e Hamas. Andiamo lì per attingere la linfa necessaria per alimentare il nostro impegno, riscoprendo le radici della nostra storia cristiana. Questo viaggio ha anche una dimensione di incontro, con i cristiani presenti sul posto e con il patriarca locale, cardinale Pierbattista Pizzaballa. Intendiamo fare il punto sulle condizioni di vita delle comunità cristiane. L’ultimo obiettivo consiste proprio nello sviluppare e mantenere un legame di solidarietà con la popolazione. Saremo accompagnati da diversi leader aziendali desiderosi di aiutare materialmente queste popolazioni. Come possiamo aiutare concretamente i cristiani in Medio Oriente? I cristiani hanno un ruolo vitale da svolgere nel ripristinare un clima di pace e di dialogo. È nel cuore del conflitto che il nostro aiuto può essere più significativo.

Qual è la situazione dei cristiani lì?

Il destino dei cristiani è legato a questo clima di tensione tra Israele e Palestina. Queste popolazioni si trovano in una situazione estremamente infiammabile e subiscono pressioni. Il messaggio di pace non è più udibile per queste comunità che sono esposte a queste tensioni da decenni. Inoltre, la virtuale assenza di pellegrinaggi dal 7 ottobre ha un forte impatto sulle loro entrate economiche. Ciò impedisce a intere comunità di poter vivere. Tutto questo ci porta ad andare lì, per aiutarli ad affrontare la dura prova.

Che messaggio vuoi inviare loro?

Il mio messaggio è soprattutto quello di solidarietà. Sono stato in Siria durante il conflitto tra il potere in carica e lo Stato Islamico. Con una delegazione abbiamo fatto il viaggio per sostenere le comunità cristiane. Il nostro approccio è stato estremamente apprezzato. Si sono stretti legami tra la nostra diocesi e le comunità cristiane della Siria. Visitandoli abbiamo potuto comprendere meglio l’aiuto materiale che avremmo poi potuto fornire loro. Questi cristiani, come in Palestina e Israele, hanno bisogno di vedere le mani tese. La situazione di questi cristiani purtroppo non interessa a nessuno a livello internazionale. Come vivono? Come sono organizzati? Il solo fatto di andare in Siria ha dato loro speranza, perché finalmente la gente era interessata a loro. Visitarli è mostrare loro quella solidarietà cristiana di cui hanno tanto bisogno.

Quale sarà il tuo viaggio in Terra Santa?

I monasteri svolgono un ruolo chiave nell’aiutare le comunità cristiane. Ne visiteremo alcuni durante questi giorni di visita. Lunedì abbiamo incontrato il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Oggi, 4 giugno, visiteremo il Santo Sepolcro con frate Stéphane, superiore dei francescani a Gerusalemme. Ci racconterà anche dell’impegno dei francescani a sostegno delle popolazioni fin dall’inizio del conflitto. È una comunità molto influente a Gerusalemme. Poi andremo in Palestina, a Betlemme, per incontrare un padre che ha aiutato tanto le vittime del 7 ottobre. Visiteremo anche il parroco di una parrocchia siro-cattolica locale, che è in grandi difficoltà. Infine andremo al Monastero dell’Emmanuel a Betlemme.

Sostieni l’appello del cardinale Pizzaballa affinché i pellegrini ritornino in Terra Santa?

È con questo spirito che andiamo lì. Le prove rivelano i veri amici. La nostra iniziativa è stata subito apprezzata e incoraggiata dalle autorità cristiane locali.

Come possono i fedeli della Francia e dell’Occidente aiutare al meglio queste popolazioni?

Devi pregare. Pensa a loro. Nonostante la distanza geografica, questa terra fa parte del nostro DNA. È importante che i cristiani occidentali si uniscano al pensiero della sofferenza di queste comunità. C’è il dovere di ricordare. Celebriamo la Pasqua del Signore in ogni Messa e non dobbiamo dimenticare che essa proviene da un luogo specifico. La nostra vita cristiana è portata dalla storia santa del popolo eletto. Poi, e questo è lo scopo del nostro viaggio, potremo vedere come sostenere il nostro sforzo, creare canali di sostegno, comunicandolo seguendo il nostro cammino. Vogliamo mostrare ai cristiani che sono lì che non li abbiamo dimenticati.

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