H&M e Puma si stanno impegnando, Shein è in ritardo

H&M e Puma si stanno impegnando, Shein è in ritardo
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AFP-Relaxnews

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22 maggio 2024

L’industria della moda “continua a fare affidamento sui combustibili fossili”, ma marchi come H&M e Puma si stanno impegnando per ridurli, mentre altri sono in ritardo come Shein o Uniqlo, secondo un rapporto pubblicato martedì dalla ONG americana-canadese Stand Earth.

Ha analizzato le catene di fornitura di undici grandissimi marchi di moda tra cui gli svedesi H&M, Puma, Nike, Levi’s, Adidas, Gap, la spagnola Inditex (Zara), la giapponese Fast Retailing (Uniqlo) e Shein, basandosi in particolare sui loro dati pubblici così come quello del terminale Bloomberg.

Nel 2019, l’industria della moda ha generato più di un miliardo di tonnellate di CO2 equivalente, ovvero circa il 2% delle emissioni globali di gas serra, ricorda Bloomberg in un articolo del 16 maggio.

I marchi “continuano a utilizzare in modo massiccio combustibili fossili per produrre abbigliamento e scarpe e non riescono a decarbonizzare la loro catena di fornitura”, denuncia Stand Earth.

Di questi undici marchi, solo Levi’s, Puma e H&M “sono in corsa per ridurre” queste emissioni “di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 2018”, rileva Stand Earth che ha stabilito un punteggio su 100 punti (impegni, trasparenza, progressi al 2030, azioni concrete, investimenti finanziari).

La ONG menziona progressi “limitati ma incoraggianti” e sottolinea la notevole quota (27,4%) di energie rinnovabili nel consumo di elettricità di Puma attraverso i suoi due principali fornitori, nonché gli aiuti finanziari che H&M concede ai suoi subappaltatori per aiutarli, ad esempio , installare pannelli solari.

Nella moda, “il 13% delle emissioni proviene dai materiali e il 50% dalla produzione e dalla manifattura, motivo per cui la decarbonizzazione della catena di fornitura è essenziale”, ha calcolato giovedì Henrik Sundberg, responsabile delle questioni climatiche, da H&M, durante un incontro a Parigi a cui ha partecipato l’AFP.

Il marchio cinese con sede a Singapore Shein ottiene il punteggio più basso (2,5 punti) e “ha aumentato le proprie emissioni di circa il 50% in un solo anno (tra il 2021 e il 2022, ndr), emettendo ormai tanto inquinamento annuo quanto quello del Paraguay”, ovvero 9,17 milioni di tonnellate, secondo Stand Earth.

Nel 2023, Shein “ha iniziato a sviluppare una tabella di marcia completa per la decarbonizzazione” con l’aiuto dell’azienda Anthesis e “sono state messe in atto iniziative concrete”, come i pannelli solari per i magazzini o le partnership con i logisti che utilizzano veicoli “verdi”, assicura il marchio all’AFP.

Seguono poi il gruppo giapponese Fast Retailing (14 punti) poi il marchio di abbigliamento sportivo Lululemon e Inditex a 16 punti.

“La maggior parte dei marchi ha ottenuto un punteggio inferiore a 25/100”, lamenta la ONG.

(AFP)

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