Il dibattito sull’immigrazione è unico in quanto è necessario ed esasperante.
Necessario, perché è urgente fermare l’immigrazione massiccia, che destabilizza tutta la nostra organizzazione sociale, che si tratti del mercato immobiliare, delle scuole, degli ospedali o dei servizi sociali.
Esasperante perché mostra fino a che punto i corporativismi più ristretti si mobilitino secondo i loro piccoli interessi particolari, senza tener conto del bene comune.
Produttività
Non mi riferisco qui solo al PLQ che, non riuscendo a conquistare nuovi elettori, vuole importarli.
Non più del regime canadese, che fa affidamento sull’immigrazione per rendere i quebecchesi francofoni una minoranza in patria.
No, sto parlando di alcuni datori di lavoro che fanno affidamento sull’immigrazione per trovare forza lavoro a basso salario, il che consente loro di mantenere un modello imprenditoriale insolito, che non soddisfa i requisiti fondamentali di produttività.
Il buon senso imporrebbe che le aziende si modernizzino e, in gran parte, si automatizzino e robotizzino per entrare finalmente nei nostri tempi.
Ma non lo fanno a causa di questa forma di sussidio mascherato e molto costoso che è l’immigrazione di massa.
Ciò è giustificato dalla teoria della carenza di manodopera, che è un’assurdità economica.
Se un’azienda vuole manodopera, deve solo pagarla bene. Lo avrà.
Manodopera a basso costo
Se non riesce a trovare dipendenti e ha bisogno di coinvolgerli manodopera a basso costoè che non è economicamente sostenibile.
Aggiungo – e torno al punto di partenza – che si tratta di un sussidio costoso per la società nel suo complesso.
I nostri capi che celebrano la responsabilità e l’imprenditorialità sono purtroppo troppo spesso beneficiari di welfare come gli altri. Questo sussidio ci costa collettivamente un sacco di soldi.
Da questo punto di vista, è anche in nome di un vero dinamismo economico che dobbiamo fermare l’immigrazione di massa.