Tony Gallopin, sulla sua riconversione da direttore sportivo: “Ho vissuto tutte le emozioni provate dai corridori”

Tony Gallopin, sulla sua riconversione da direttore sportivo: “Ho vissuto tutte le emozioni provate dai corridori”
Tony Gallopin, sulla sua riconversione da direttore sportivo: “Ho vissuto tutte le emozioni provate dai corridori”
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“Perché hai voluto rientrare nell’attività come direttore sportivo?
Dopo la fine della mia carriera (La Paris-Tours è stata la sua ultima gara, 8 ottobre 2023), Non sono andato in vacanza, avevo molta energia, volevo rimanere attivo. Dall’inverno (precedente), Sapevo che era la mia ultima stagione, la gente ha iniziato a parlarmi di diventare direttore sportivo, è maturato in me. Non ero mentalmente esausto.

Come è andata la transizione?
Alcuni direttori sportivi magari sono ancora dei corridori nella loro testa, mentre io non lo sono affatto, ho dei peli sui piedi! (sorride) Le persone del mio staff mi dicono che è impressionante il modo in cui ho effettuato il mio “cambio”. Ma a gennaio ho comunque accettato di petto l’incarico di direttore sportivo! Non avevo mai usato un computer in vita mia, ne comprai uno, cominciai da zero. Prima usavo i tablet per guardare le serie ma non usavo Excel. Ho dovuto imparare su YouTube. Lo stesso per Powerpoint. E sto ancora imparando. È un mestiere che ho scoperto perché, stranamente, pur avendo uno zio (Alain) e mio padre (Gioele) nella professione non avevo alcun interesse per questa riconversione.

“Non ho nemmeno finito la mia prima gara, sono andato direttamente in ospedale con uno dei miei corridori”

E nel rapporto con i corridori, con certi ex compagni o avversari?
I primi giorni condividevo la mia stanza con Marc Wauters che guardavo in televisione e che era il mio direttore sportivo (al Lotto) quando ho preso la maglia gialla. Non so chi sta invecchiando, lui o io (ride). Ma è una questione di equilibrio, alcuni DS sono molto vicini ai corridori, come amici, il che non va bene perché abbiamo paura di ferire le persone quando dobbiamo prendere decisioni. E altri non parlano mai, sono distantissimi, lì solo per guidare la macchina. Bisogna trovare le parole, le piccole frasi che mi piaceva sentire quando correvo. Non è molto, ma è toccante. Conoscevo tutte le emozioni provate dai corridori. Quando dico loro di mettersi in discesa ad un certo chilometro, so che non è facile, non glielo dirò dieci volte alla radio.

Com’è andata la tua prima gara da DS?
Al GP La Marseillaise ho preso due piloti a terra ed è stata dura. Non ho nemmeno finito la mia prima gara, sono andato direttamente in ospedale con uno dei miei corridori (Liam Slock), che ti mette nella vasca da bagno. Eravamo nella macchina tre, abbiamo visto tutto, sarebbe stato bello seguire la fine. In serata lo staff si è congratulato con me, i corridori mi hanno anche detto che ero stato chiaro alla radio. »

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