puntata • 1 del podcast I segreti dell’imitazione

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Rimaniamo sempre colpiti dal fenomeno dell’imitazione, di qualcuno che imita qualcosa o che imita qualcun altro. Ci colpisce sempre un paradosso: da un lato abbiamo l’impressione che sia qualcosa di secondario poiché la cosa che imitiamo è data prima dell’imitazione stessa, e tuttavia c’è qualcosa di affascinante nell’imitazione, qualcosa che significa che attraversa il nostro Tutta la vita, tutta la nostra società, che produce effetti, a volte disastrosi, a volte brillanti, e quindi siamo obbligati a indagare su questo strano fenomeno dell’ imitazione.

Definire l’imitazione

Cosa significa realmente questo verbo “imitare”? Dobbiamo cominciare col definirlo e la definizione può essere estremamente semplice e spiegarci questo paradosso che porta al cuore della nostra vita e delle nostre relazioni nell’etica e nella stessa politica. Imitare, cosa significa esattamente? Imitare è produrre un comportamento, produrre un oggetto, produrre qualcosa, ma simile a qualcosa dato prima, simile a un altro. Si tratta quindi di una produzione o di una creazione che ha qualcosa di paradossale.

Imitare secondo Platone

Da un lato, l’imitazione sembra secondaria: imitare è “relazionarsi”, come si suol dire Platonein un testo famosissimo e fondativo di La Repubblica. Imitare è sempre rapportarsi a un modello, imitare è copiare, cercare di sottomettere la propria azione a qualcosa che è già dato. Secondo Platone questo significa inevitabilmente essere inferiori al modello. Il modello comporta una sorta di perfezione e l’imitazione consiste nel riprodurlo in una versione sempre imperfetta. Sappiamo che Platone distingue gradi di creazione che sono come discese, catastrofi successive. L’artigiano produrrebbe così un oggetto in relazione ad un modello che si è dato, ad un obiettivo che si è prefissato. Nella materia imperfetta produce una realizzazione secondaria rispetto al modello primitivo. Ci sono poi tutte le copie del modello stesso, le copie ad esempio in pittura, che sono poi successive degradazioni di un modello pensato come norma, pensato come una realtà dietro la quale l’atto di imitare non avrebbe alcuna originalità definizione.

Imitazione: vera creazione?

Ma dimentichiamo ciò che sta al centro dell’atto, vale a dire che l’imitazione è una produzione. Non è mai solo una riproduzione. L’imitazione è una creazione forse paradossale ma tuttavia reale. L’opera che imita l’opera, che creiamo fingendo di imitarla, relazionandoci con qualcosa o qualcun altro dato in anticipo: l’opera avrà qualcosa di diverso e soprattutto avrà uno scopo. Dobbiamo chiederci perché imitiamo, perché gli esseri umani si dedicano a questo paradossale fenomeno dell’imitazione se fosse così secondario? Perché agli esseri umani piace imitare? Perché c’è il desiderio di imitazione? Perché vogliamo riprodurre e riprodurre non solo cose di cui proviamo piacere, ad esempio davanti a un quadro? Pascal diceva che anche la riproduzione di una cosa dolorosa può darci piacere.

Paradosso dell’imitazione

Perché l’imitazione ci dà piacere, ci dà anche slancio, ci dà anche ansia, ci porta verso le rivalità e forse verso la violenza? Produciamo solo per riprodurre la cosa stessa, per imparare, per un terzo, ad essere migliori degli altri, per un fenomeno sociale? Che dire oggi dove le macchine possono imitare gli esseri umani, riprodurli, simularli? Possiamo vedere chiaramente che il paradosso dell’imitazione è che si presenta come secondaria ma ha effetti diversi, che è in realtà una creazione non solo come le altre, ma che può funzionare, deformare, rovesciare tutte le altre.

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