Mercoledì 22 gennaio la presidente ha letto il suo rapporto su Abdallah Senoussi, numero 2 del regime libico, cognato di Gheddafi. E, soprattutto, giudicato colpevole nel 1999 dalla Corte d’Assise Speciale di Parigi per aver avuto “iniziato” l’attentato all’aereo della UTA, esploso dieci anni prima sopra il deserto del Niger, che causò la morte di 170 persone, tra cui 54 francesi. Da nove giorni il processo sul presunto finanziamento libico della campagna presidenziale di Nicolas Sarkozy nel 2007 ruota attorno a lui, il criminale. La Procura finanziaria nazionale (PNF) stima che gli imputati abbiano tentato di negoziare la revoca del mandato d’arresto in cambio di alcuni milioni di euro pagati di nascosto…
Questo giovedì, 23 gennaio, i familiari delle vittime dell’attentato, divenute parti civili in udienza, si sono presentati al bar per pronunciare le loro parole. Il tempo ha fatto il suo lavoro dalla morte dei propri cari, l’emozione è espressa in modo intelligibile, preciso, semplice. Ma per gli imputati non è più il momento di disquisire sulle dichiarazioni di Zia
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