“Disinfluencer”: questi influencer inversi che cestinano i prodotti

“Disinfluencer”: questi influencer inversi che cestinano i prodotti
“Disinfluencer”: questi influencer inversi che cestinano i prodotti
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Mentre gli influencer servono i brand promuovendo i loro prodotti, esiste una categoria di influencer “inversi” che denunciano le pratiche abusive di alcune aziende…

Nel 2022 abbiamo visto la comparsa di un nuovo hashtag su TikTok: #desinfluencing. Lo avrete capito dal loro nome, i “disinfluencer”, un fenomeno che resta, bisogna ammetterlo, ancora piuttosto marginale, mirano a convincervi a non acquistare questo prodotto, in genere con un obiettivo piuttosto ecologico e “anti-. sprechi” (anche pensando, forse, alla salvaguardia del proprio conto bancario contro acquisti impulsivi).

Una posizione che è in diretta reazione all’incitamento al consumo da parte degli influencer. Come spiega il quotidiano belga Le Vif, citando una dichiarazione di Quentin Van Donghen, docente dell’ULB, alcuni influencer spingeranno le persone a spendere cifre francamente ingenti: fino a 800 dollari per un solo video. Abbastanza per svuotare il tuo conto bancario molto, molto velocemente, e questo spiega senza dubbio la nuova popolarità dei disinfluencer.

Spesso analizzano le pubblicità presenti nei contenuti di altri influencer per smontarle, scovando soprattutto piccoli gadget inutili e avvertendo sulle condizioni di produzione dei prodotti… quando non si tratta semplicemente di denunciare le truffe che fioriscono anche su social networks. Una posizione che può in un certo senso essere paragonata ai video di debunk che troviamo anche sulla piattaforma (e che, dal canto loro, attaccano le fake news).

A volte il messaggio non è altrettanto intriso di idealismo: può limitarsi semplicemente a mettere in guardia contro la pubblicità ingannevole, ma più spesso c’è ancora la volontà di portare al deconsumo.

Come ogni movimento, il deconsumo non è immune alle critiche. Alcune persone lo vedono semplicemente come un’altra forma di influenza. Ed è vero che nella forma i “disinfluencer” restano innanzitutto… influencer. Alcuni li criticheranno per aver venduto un’ideologia, o addirittura prodotti a pieno titolo (potremmo quindi creare un collegamento con gli “influencer minimalisti”), mentre altri lo vedono più come un modo per gli influencer di reinventarsi di fronte a una sorta di di stufo e di sfiducia da parte del pubblico. Per alcuni sarebbe addirittura un modo per apparire nuovamente autentici, mentre gli influencer vengono spesso criticati per la loro artificiosità.

Una questione in definitiva piuttosto complessa e articolata, quindi, tra una sostanza totalmente contraria all’incentivo al consumo e una forma più ambigua. I “disinfluencer”, inoltre, costituiscono un gruppo eterogeneo e variegato, di cui sarebbe difficile stilare un ritratto generale e assoluto. Come per gli influencer, probabilmente spetta al pubblico scegliere i contenuti che vuole o meno visualizzare e quindi, poiché gli algoritmi sono potenti, evidenziare…

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