In uno dei suoi tweet criptici, Sam Altman ha pubblicato un semplice e stupido indirizzo web che reindirizza a ChatGPT. Ma dietro il dominio “chat.com” recentemente acquisito dall’imprenditore si nasconde una storia costosa.
Se digiti ” chat.com» nella barra degli indirizzi del browser purtroppo non vi imbatterete in un sito dedicato ai nostri amici felini, bensì nell'ormai conosciutissima interfaccia ChatGPT, ha notato l'agente conversazionale OpenAI Il limite .
È stato Sam Altman, il padre di ChatGPT, ad annunciare a suo modo questo cambiamento tramite un laconico messaggio suchatgpt.com”, ma chi ha fretta ora potrà anche digitare “chat.com» per accedere al chatbot. Un semplice reindirizzamento web che probabilmente costerà un sacco di soldi.
Un'operazione da oltre 10 milioni
Fino a circa un anno fa “chat.com” era di proprietà di Dharmesh Shah, fondatore di HubSpot, un’azienda specializzata nelle relazioni con i clienti. Su LinkedIn l’imprenditore ha annunciato che questo semplice URL gli era costato 10 milioni di dollari. Ma due mesi dopo aver puntato il nome di dominio sul suo profilo LinkedIn, Dharmesh Shah ha rivenduto il sesamo per più di quanto gli fosse costato.
Se all'epoca erano diffuse le speculazioni su chi fosse il nuovo proprietario del sito, gli occhi si sono subito concentrati su OpenAI e Sam Altman, che è quindi il nuovo proprietario. Su X, il fondatore di HubSpot ha confermato l'informazione in un lungo messaggio facendo riferimento a ChatGPT.
Sembra quindi che OpenAI abbia speso più di 10 milioni di dollari per acquisire il nome di dominio chat.com e collegarlo a ChatGPT. Più precisamente, l'operazione sembra essersi formata attorno alla vendita delle azioni OpenAI a Dharmesh Shah. A seconda del prezzo delle azioni, questa piccola transazione avrebbe quindi potuto fruttare una somma colossale al responsabile.
Verso un rebranding per ChatGPT?
Resta da vedere perché OpenAI e Sam Altman fossero così ansiosi di acquisire questo famoso URL. Lo scorso settembre lo ha spiegato un ex dirigente di OpenAIIl limiteche l’azienda”era cattivo» sulle domande sui nomi dei prodotti. Potrebbe essere che OpenAI voglia quindi cambiare l'identità del suo robot conversazionale e dargli invece il soprannome di “chat.com”?
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Al momento il nome del dominio sta cambiando di mano e approdando tra quelli di OpenAI. Solo il tempo dirà cosa vorrà farne l’azienda.