Al termine di una sequenza autunnale di tre partite e altrettante vittorie, il XV di Francia tornava a sorridere. Oltre a ciò, ci sono una serie di lezioni da imparare, sia sul gioco che sugli uomini che lo praticano. Stato di avanzamento.
È già tempo di bilanci e, di questo tour autunnale 2024 pomposamente ribattezzato “Autumn Nations Series”, ricorderemo quindi soprattutto gli aspetti positivi. Ci sono anche molti aspetti positivi. E non è niente, per concludere un ciclo annuale che sarà stato per lo più ingessato nel grigiore: dai quarti di finale dei Mondiali abbandonati per un punto dal Sudafrica (29-28), gli azzurri hanno vissuto la disfatta irlandese, La vergogna italiana e i tormenti di un'estate in cui si è parlato molto più di cronaca che di rugby. La stronza, insomma.
Questa pagina si è appena chiusa con un sorriso, questo venerdì allo Stade de France, con la terza vittoria consecutiva. Un “piccolo Slam” in questo tour autunnale 2024, che rimarrà sicuramente segnato dal successo contro la Nuova Zelanda (30-29), una settimana fa; un po' meno quella contro l'Argentina, questo venerdì, al termine di una partita ben condotta, subito concitata, ma alla quale è mancato uno scenario con colpi di scena per aggiungere pepe alle grandi serate.
I Blues, è un dato di fatto, sono davvero tornati. Va bene ed è un sollievo. La sequenza potrebbe addirittura chiudersi definitivamente se, lunedì, Oscar Jegou e Hugo Auradou beneficiassero dell'archiviazione del loro caso argentino, come tutto lascia intendere. Potremo allora guardare definitivamente al futuro. Con un bel po' di lezioni da imparare da queste tre partite di novembre.
Gerarchie interrotte da più persone
Questo non è così comune, sotto la guida di Fabien Galthié, e vale quindi la pena sottolinearlo. Queste tre partite internazionali sono state l'occasione per diversi sconvolgimenti nelle gerarchie di ruoli, che l'allenatore aveva generalmente congelato durante i suoi primi quattro anni in carica. Avremo così visto Jean-Baptiste Gros (infortunato e prontamente sostituito questo venerdì) guadagnare statura nel ruolo di pilastro sinistro, in assenza di Cyril Baille, che dovrà ora forzare il destino per riconquistare il posto di partenza che gli aveva dato sembrava assegnato automaticamente di recente. Sappiamo che a destra Atonio ha finalmente un successore nella persona di George-Henry Colombe e che, se gli anni dovessero pesare troppo sulla performance del “Big Uini”, la Francia avrebbe (finalmente) le risorse per farlo così.
Sappiamo che Manny Meafou ha il calibro per confermare tutte le sue promesse nazionali a livello internazionale, che Paul Boudehent dovrebbe stabilirsi definitivamente in questa squadra e rimescolare le carte in terza linea e, di fatto, mettere pressione su Anthony Jelonch o Grégory Alldritt, che avevano a lungo ritenuto intoccabile.
Sappiamo che Fickou, quando il contesto lo richiede, è ancora capace di trovare i suoi migliori standard e che sulla fascia, il fenomeno della potenza Damian Penaud ha ora la sua passione (bordeaux) per la velocità: Louis Bielle-Biarrey, detto “lo scooter “, con un'accelerazione folgorante e senza rivali sul pianeta rugby.
Infine e soprattutto, sappiamo che gli shock della caduta, che ha sconvolto la posizione di apertura (come spesso accade nel rugby francese), hanno dato ragione alle scelte di Fabien Galthié: in assenza di Romain Ntamack, Thomas Ramos fa meglio che risolvere problemi. È davvero della statura necessaria per riempire il vuoto, attraverso le sue qualità di piede, intrattenitore e millantatore; colui che si assume la responsabilità degli altri, perché gli piace. Su questo argomento, e in questa posizione, Matthieu Jalibert fa ancora parte dell'equazione e, da quanto abbiamo capito, Fabien Galthié non ha intenzione di fargli pagare in contanti la sua defezione della settimana scorsa mettendolo “nell'armadio”. Ma il Bordeaux avrà bisogno di pazienza e talento per invertire il corso della sua storia e la sua retrocessione, ormai nettissima, nella gerarchia delle apripista.
Un progetto di gioco che stenta ad evolversi
L'altro tema è quello della base del gioco I numeri, innanzitutto: in tre partite, il XV di Francia ha segnato 15 mete su sole 6 subite, ha segnato 119 punti e ne ha concessi solo 64 agli avversari. È un dato di fatto ed è la cosa più importante.
Ma ci sono questi altri dati*, che dicono qualcosa in più sul “progetto rugby” che sta prendendo forma, ma che tarda a realizzarsi. Nel corso dei tre incontri, i Blues hanno lasciato il possesso della palla e quindi la maggior parte delle iniziative all'avversario (54% per il Giappone, 61% per la Nuova Zelanda, 56% per l'Argentina). Ogni volta hanno utilizzato anche il gioco dei calci più spesso: 34 calci nella prima partita (solo 20 per il Giappone), 23 nella seconda partita (16 per la Nuova Zelanda), 26 nella terza prova (22 per l'Argentina).
In parole povere? Nonostante le dichiarazioni d'intenti e gli sviluppi, i Blues restano una squadra che, per il momento, trova la sua efficacia nel gioco di esproprio. Questo è stato il suo DNA negli ultimi quattro anni, da cui non si è ancora districato del tutto nonostante i cambiamenti regolamentari che spingono per un maggiore possesso palla, appunto.
Contro gli All Blacks questo era evidente: soffocati dalla velocità collettiva e dalle lunghe sequenze dei neozelandesi, i Blues hanno trovato la salvezza nella ripresa con azioni fulminee – il loro marchio di fabbrica. Difendere forte, spingere l'avversario all'errore, poi punire procedendo con i contropiedi, sfruttando alcuni profili esplosivi: la potenza di Meafou o Boudehant, la velocità di Bielle-Biarrey o Mauvaka, il colpo d'occhio di Dupont o Ramos da sfruttare ogni palloncino di recupero. E' buono e vince. Tanto meglio. Vincerà per altri tre anni? Dobbiamo sperare…
*statistiche ufficiali della Autumn Nations Series