Per quanto riguarda la necessaria transizione dei veicoli, i dati per il 2024 possono essere letti in due modi. Secondo l’Associazione dei costruttori europei di automobili (ACEA), le vendite di auto elettriche sono in forte calo (-5,9%) rispetto al 2023. Il tutto in un mercato, tutti i motori messi insieme, in crescita del +0,8% a 10,6 milioni di unità – ben lungi dall’essere i 15,3 milioni nel 2019. Ma, mentre le vendite di auto elettriche sono cresciute del 25% a livello mondiale nel 2024, soprattutto grazie alla Cina, la questione è più complessa. In un anno si registra un calo di 91.000 auto 100% elettriche nell’Ue. Ma solo in Germania il calo è di 144.000 unità. Possiamo quindi riassumere la situazione così: senza il disastro di Berlino, le vendite di auto elettriche nell’UE sarebbero aumentate in media del 5,2% nel 2024.
Sebbene il 2024 fosse previsto come un possibile anno cruciale, questo motore procedeva su una curva, se non esponenziale, almeno in continua progressione. Ma con una quota di mercato del 13,6%, il crollo al di là del Reno porta alla fine ad un calo di 1 punto in un anno. E se le auto a benzina restano in testa nel Vecchio Continente (33,3%, -2 punti), è l’ibrida non ricaricabile che continua a progredire (30,9%, +5,1 su un anno). Tanto che non vediamo come questo motore possa sfuggire al primo posto nel 2025. Si conferma, però, il crepuscolo del diesel: con una quota di vendita dell’11,9% lo scorso anno, scende di 1,7 punti rispetto al 2023.
Stellantis crolla, Toyota brilla
Dal lato dei produttori, la situazione è più contrastante rispetto allo scorso anno. Sempre nel pieno della crisi, che ha portato in particolare alle dimissioni del suo capo Carlos Tavares all’inizio di dicembre, Stellantis (Peugeot, Opel, Citroën, Fiat, Jeep, ecc.) conferma che i suoi problemi non si limitano al Nord America, con un calo del 7,2% delle vendite tra il 2024 e il 2023, e addirittura del 20,8% per Fiat. Bisogna immaginare l’entità del disastro: l’anno scorso il gruppo ha venduto 1,74 milioni di automobili. Nel 2018 ne sono state vendute 2,5 milioni. Altro costruttore in crisi, il gruppo Volkswagen, ancora primo per vendite in Europa, limita i danni (+3,2% su un anno) – malgrado il pesante calo di Audi (-9,4%) -, mentre come il gruppo Renault (+1,9 %), che mantiene la terza posizione assoluta. Il gruppo Hyundai è invece l’altro grande perdente, soprattutto a causa del crollo del marchio Kia (-10,1%), mentre le vendite di questo marchio nel mondo sono comunque aumentate di poco, dello 0,1%.
La dinamica in termini di motori si riflette anche nelle vendite dei costruttori che si sono specializzati. Re dell’ibrido non ricaricabile, il marchio Toyota è quello che mostra i migliori progressi (+16,2%) e il gruppo (che forma con Lexus) ruba addirittura il 4° posto a Hyundai. Pioniere del 100% elettrico, Tesla soffre, dal canto suo, il declino di questa tecnologia (-13,1%) che risente anche del mercato tedesco, dato che il calo d’oltre Reno equivale a due terzi di quello complessivo il continente.
Come riavviare la macchina elettrica? Mentre la fine radicale degli aiuti in Germania, il più grande mercato automobilistico d’Europa, ha mostrato il suo carattere dannoso per la transizione, la Francia, il secondo mercato, sta seguendo la stessa strada, solo leggermente più dolcemente (riduzione drastica del bonus ecologico, fine del bonus alla rottamazione , limitazione del leasing sociale, ecc.). Tuttavia, la decisione di Berlino lo ha dimostrato“adescare la pompa”, come amavano sottolineare Bruno Le Maire e altri ministri, confidare nel settore privato per offrire auto elettriche a basso costo non è sufficiente. Un raro miglioramento nel quadro, secondo uno studio pubblicato il 14 gennaio, la società AlixPartners ha calcolato che la differenza nei costi delle risorse naturali tra un’auto termica e un’auto elettrica che funziona con una batteria con tecnologia al litio ferro fosfato (LFP) è per la prima volta meno di 1.000 euro in Europa. Quanto basta per sperare in un lampo di lucidità da parte dei produttori europei, molto più attenti ai margini che alle aspettative di tutti i consumatori. E ovviamente il pianeta.