“Ho già sperimentato la stessa cosa lo scorso autunno, dice l’ex vincitore del Tour of Oman e della Brabant Arrow. Dodici mesi fa ero molto più stressato in questo contesto, perché non ero riuscito ad esprimermi nell’ultima parte della stagione a causa di una caduta pesante che mi aveva causato diverse fratture. Allora ho avuto la sensazione di non essere il vero pilota del mio destino. Solo a metà novembre ho potuto unirmi a Cofidis per un anno. Il mio contratto di locazione con la struttura francese del WorldTour sta quindi per scadere, ma affronto la situazione con più calma. Ho ancora tanta voglia di rimanere un corridore professionista, ma sono consapevole di avere la possibilità di avere già alle spalle una carriera di sedici stagioni nel gruppo professionistico.”
gabbianoNon è un lavoro in cui ti candidi tramite CV o su LinkedIn.
Un capitolo importante della sua esistenza che l’ex corridore della BMC o di RadioShack non vuole a tutti i costi prolungare. “Ciclista, non è proprio un lavoro per il quale si inviano CV o si candida su LinkedIn (ride)…Almeno ai miei occhi. Ho un manager che ha il compito di studiare le possibilità a mia disposizione. E’ il suo lavoro e non mi vedo a bussare alle porte di tutti i dirigenti per implorare un posto nella loro rosa. E non voglio. Ho 38 anni e sono consapevole dei rischi inerenti alla vita quotidiana di un corridore professionista. Sono caduto abbastanza da misurarlo (risata)… Quindi, ad esempio, non sono disposto a firmare un contratto con salario minimo (NdR: 35.000 euro lordi in una squadra continental pro, 44.000 euro nel WorldTour per un corridore non neopro). Ho trasmesso le mie condizioni al mio manager al quale non sto facilitando il compito, poiché di conseguenza io stesso ho sicuramente ridotto il campo delle possibilità. Ma, a 38 anni, so che è molto più sano essere veramente voluto in una squadra piuttosto che riempire una rosa in cui a volte sei lì solo per fare numero…”
gabbianoL’esperienza non ha più lo stesso valore”.
Padre di due figli, Ben Hermans ha ancora il fuoco della passione che arde dentro di lui. “Nel 2024 ho finanziato personalmente diversi corsi in quota per prepararmi al meglio a determinati obiettivi (Nota del redattore: 14° al Giro di Polonia per esempio). Amavo continuare a fare il lavoro a pieno titolo come si dice in gergo, perché non sapevo se fosse la mia ultima stagione da professionista oppure no. Se le cose si fermassero, non lo vivrei con amarezza. Non mi sono proprio dato un ultimatum, sono più una persona ancorata al momento presente. Forse domani mi dirò che è ora di riattaccare o forse lo sarà tra un mese se ancora non ho un percorso concreto verso la formazione continentale professionistica. Penso di poter portare ancora qualcosa ad un collettivo, continuo ad allenarmi per essere in forma nel caso le cose andassero male. Ma sono anche pienamente consapevole delle tendenze nella nostra disciplina. Oggi spesso le squadre preferiscono provare a scoprire il nuovo Pogacar piuttosto che scommettere su un ragazzo che si avvicina ai quarant’anni. L’esperienza non ha più lo stesso valore di qualche anno fa quando bastava un nome e un percorso per assicurarsi un posto nel gruppo finché non abbiamo deciso di appendere la bici al chiodo…”
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