Lo studio dell’Antichambre ha vibrato ieri sera sotto il peso delle parole di Benoît Brunet, visibilmente esasperato dalle decisioni di Martin St-Louis ai tempi supplementari in occasione dell’ultima sconfitta del canadese.
Con feroce franchezza, Brunet ha criticato l’allenatore per la sua gestione che ha descritto come cauta e priva di visione a lungo termine.
È stato un momento fondamentale in cui sono venute alla luce le frustrazioni di un ex giocatore e analista.
Ecco le parole di Benoît Brunet, pronunciate con un’intensità che ha lasciato in subbuglio gli studi RDS:
“Martin, questa sera, si è messo in ciabatte, soprattutto nel supplementare. È facile da capire. Non vuoi perdere la partita, quindi vai con i tuoi “valori sicuri”.
Ma questi valori sicuri ti fanno perdere la partita. Jake Evans, lo adoro, non è un cattivo giocatore di hockey, ma è quello che è riuscito a scappare dal suo ragazzo sotto la rete.
E Montembeault avrebbe potuto bloccare questo passaggio con il bastone, ma il tuo compito non è perdere il tuo ragazzo. Se sei ancora qui quando la squadra è forte, dovrai fare il tuo lavoro in difesa e stasera non è stato così. »
Brunet ha poi sottolineato l’assenza di Joshua Roy nei momenti decisivi, in particolare il tre contro tre ai tempi supplementari, un contesto perfetto perché il giovane possa esprimersi e progredire:
“Io, Roy, l’hai messo lì durante gli straordinari. Tre contro tre, ecco dove bisogna dirlo. È lì che ti farà vincere la partita, è lì che progredirà, è lì che si svilupperà. E anche tu hai già ragione! Allora perché andare lì con le tue pantofole come Evans, Dvorak o anche Heineman?
Sì, Dvorak vince gli ingaggi, lo capisco. Ma in quel momento bisogna mandare Roy, non giocatori che non apportano nulla in attacco. »
Ciò che emerge dalle osservazioni di Brunet è una dura critica alla riluttanza di Martin St-Louis. L’allenatore, che ha promesso di ridefinire il modo in cui crescono i giovani giocatori a Montreal, a volte sembra intrappolato dai suoi stessi istinti conservatori.
Piuttosto che dare responsabilità a prospettive come Joshua Roy, St-Louis si affida a veterani come Jake Evans o Christian Dvorak per gestire i momenti cruciali, anche se queste scelte portano a ripetuti fallimenti.
Brunet sottolinea un punto cruciale: il tre contro tre ai supplementari è il momento ideale per permettere ad un giovane talento di esprimersi.
Questo formato promuove creatività, velocità e capacità offensive, qualità che si adattano perfettamente al profilo di Joshua Roy.
Tuttavia, il St. Louis ha preferito mandare difensori come Evans e Dvorak, con il prevedibile risultato di una sconfitta.
La reazione di Brunet ha scosso i nervi del quebecchese. Per la prima volta non è solo la mancanza di risultati ad essere messa in discussione, ma la filosofia stessa del St. Louis.
Quest’ultimo sembra intrappolato tra il desiderio di fondare una cultura basata sullo sviluppo e la paura di perdere le partite, paura che lo spinge a fare affidamento su scelte conservatrici, addirittura anacronistiche.
Lo studio RDS è stato unanime: questo approccio, se continua, potrebbe compromettere non solo il progresso dei giovani giocatori, ma anche la credibilità del St-Louis come leader.
La pazienza dei tifosi ha i suoi limiti, e le incongruenze tra il discorso del tecnico e le sue decisioni sul ghiaccio cominciano a dare fastidio.
La critica più tagliente di Brunet risiede nella sua metafora delle “pantofole”.
Facendo affidamento sui suoi “valori sicuri”, St-Louis incarna una forma di comodità che, paradossalmente, porta solo al fallimento.
Questa immagine riassume perfettamente il dilemma dell’allenatore: giocare sul sicuro per evitare di correre rischi, sacrificando al contempo le opportunità di crescita e successo.
Benoît Brunet ha concluso con un messaggio inequivocabile: se il canadese vuole progredire, deve abbracciare il cambiamento e avere il coraggio di fidarsi dei suoi giovani talenti.
Lo sviluppo non avviene solo in contesti sicuri; si forgia nella pressione e nei momenti decisivi.
Per Martin St-Louis la sfida è chiara: deve dimostrare di essere in grado di superare i suoi istinti conservatori e di adottare davvero un approccio lungimirante.
Altrimenti le critiche di Brunet potrebbero diventare il punto di partenza di un movimento più ampio che mette in discussione l’attuale gestione della squadra.
I Montreal Canadiens non possono più permettersi di riposare su ciabatte logore. Il futuro richiede coraggio, creatività e volontà di andare oltre le comodità.
Il tempo stringe e le decisioni prese oggi determineranno se la squadra riuscirà finalmente a uscire dal ciclo di fallimenti.
Ci era stato promesso un pullman moderno. Infine, Martin St-Louis allena come un nonno. Con la paura di perdere tutto.
Alla fine perderà tutto.