Il primo avversario di Thomas Tuchel, nuovo allenatore dei Tre Leoni: l’Inghilterra stessa

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Per la terza volta nella sua storia, l’Inghilterra ha quindi scelto di affidare le sorti della propria Nazionale nelle mani di uno straniero, in questo caso Thomas Tuchel. Per la terza volta sono state poste le stesse domande. Quelli che li avevano già messi sul tavolo ai tempi di Sven-Göran Eriksson e Fabio Capello, sono ancora lì, in guardia, pronti a difendere la loro Tre leoni artigli e denti: non chiedersi nemmeno perché insistono a insistere su di loro adesso. Non è una vecchia abitudine. È diventato un riflesso.

Uno sconosciuto. Un tedesco, per giunta. UN TEDESCOin maiuscolo, come abbiamo potuto leggere sulla prima pagina di un tabloid questo mercoledì 16 ottobre. Bobby Moore si sta rivoltando nella tomba. Quindi non esisterebbe un solo allenatore inglese degno di essere messo a ferro e fuoco al primo colpo?

Insopportabile ammissione di impotenza

E la risposta, ovviamente, è no, non esiste. Nessun allenatore inglese ha vinto il campionato inglese dai tempi di Howard Wilkinson nel 1991-92, anno -1 della Premier League. Solo uno ha piazzato il suo club nella Top 3 di questo campionato da quando Glenn Hoddle portò il Chelsea al terzo posto in PL nel 1998-99: Eddie Howe, con il suo Newcastle potenziato dai petrodollari sauditi, un anno e mezzo fa. Non è magro, sta morendo di fame.

Eddie Howe, allenatore del Newcastle United, saluta i tifosi durante la partita espositiva della Global Football Week tra la A-League All Stars Men e il Newcastle United FC al Marvel Stadium il 24 maggio 2024 a Melbourne, Australia.

Credito: Getty Images

Non è un complesso di superiorità quello di cui soffrono gli inglesi. È proprio il contrario, in effetti. È un peccato. È una forma di rabbia verso se stessi che finisce per cristallizzarsi su un altro: lo straniero. L’ostilità che Tuchel deve affrontare prima ancora di iniziare la sua missione è l’espressione di un’insopportabile ammissione di impotenza. Abbiamo dato il calcio al resto del mondo, e qui siamo incapaci di fare quello che fanno – quasi – tutte le altre nazioni (quelle vincenti, in ogni caso): trovare in mezzo a noi un uomo che sia il nostro Deschamps, il nostro De La Fuente. , i nostri Scaloni, perfino il nostro Nagelsmann.

Tuchel canterà “God Save the King”?

Per molti versi, le domande poste a Thomas Tuchel durante la sua prima conferenza stampa, questo mercoledì a Wembley, sono state più rivelatrici delle risposte caute e non prive di finezza del tedesco. Non si trattava delle carenze ancora visibili di questa squadra inglese e del modo in cui Tuchel intendeva porvi rimedio. NO. Ciò che il pubblico di giornalisti inviato all’ultimo minuto dalla redazione voleva sapere era se avrebbe cantato.Dio salvi il re”.

Questo perché Lee Carsley, ancora nazionale irlandese, non lo aveva fatto e non lo farà nelle ultime due partite del suo periodo ad interim, cosa che, per una parte del pubblico, ha costituito uno scandalo. Tuchel se la cavò piuttosto bene da questo pasticcio (“questo inno mi commuove…ho ancora tempo per pensarci…”), ma non ha finito di ascoltare il ritornello.

Come potrebbe uno straniero esortare gli inglesi a combattere o morire sul campo di battaglia del calcio?

Coloro che già non lo risentono per essere quello che è, e soprattutto, per non essere quello che non è, lo risentiranno non appena gli verrà data l’opportunità. Coloro che sono già arrabbiati con lui non hanno perso un minuto per sguainare la spada. Il più virulento di questi fu il cronista di Posta quotidiana Jeff Powell, un fossile di Fleet Street che i capi del quotidiano pro-Brexit hanno estratto dal suo dirupo per scrivere un messaggio xenofobo e offensivo, il cui tono questo paragrafo riassume.

Come potrebbe uno straniero esortare gli inglesi a combattere o morire sul campo di battaglia del calcio?“, soffoca.”Potrebbe uno svedese, un italiano o un tedesco aver ispirato le truppe come fece Enrico V quando implorò i suoi uomini: “Torniamo, cari amici, torniamo alla breccia, o riempiamola con i nostri cadaveri inglesi.” A volte, quando tutto il resto ha fallito, solo la passione può salvare la situazione“.

Lasciamo da parte ciò che Shakespeare, qui nella traduzione di Victor Hugo, Enrico V e Agincourt, che risale a poco più di Wembley 1966, ha a che fare con le qualificazioni ai Mondiali del 2026 (Powell, questo dice lui stesso, avrebbe scelto Howe). Questo torrente verbale, in cui viene descritta la Svezia di Sven-Göran Eriksson “un paese di fondisti dove è buio la metà del tempo”ha senso solo per coloro che sono interessati alla natura nevrotica di parte del rapporto dell’Inghilterra con la sua squadra di calcio. In questo Powell, al di là dei suoi eccessi, è una rivelazione.

Una nazione rannicchiata nel suo passato

Sebbene sia finalista per due Europei consecutivi, cosa che molti invidierebbero, l’Inghilterra non smette mai di piangere per quelli che considera dei fallimenti. Immagina che il pallone che ha regalato al resto del mondo abbia un debito con lei, ma non riesce a trovare traccia della ricevuta. Quindi si rannicchia nel suo passato, ancora e ancora. Anche una parte non trascurabile dei suoi sostenitori continuerà a cantare”Dodici bombardieri tedeschi”una canzone che commuoverà Tuchel in un modo diverso da “Dio salvi il re” se lo sente a Wembley. E lo sentirà, lì o altrove.

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Thomas Tuchel assume la guida della nazionale inglese

Credito: Getty Images

L’argomento secondo cui l’allenatore di una selezione dovrebbe essere della nazionalità del paese di cui è responsabile è valido, e difenderlo non significa necessariamente che siamo sprofondati in un gretto nazionalismo. Vale anche il discorso opposto. Nessun allenatore di origine irlandese ha dato più all’Irlanda dell’inglese Jack Charlton. Pensiamo anche a Marcelo Bielsa con Cile e Uruguay, o a quella volpe austriaca, Otto Rehhagel, che portò la Grecia al titolo di campione d’Europa nel 2004.

Per Tuchel il problema non è questo. È altamente qualificato per il compito che gli spetta. Voleva tornare in un paese di cui ama profondamente, addirittura appassionatamente, il calcio. Il problema è che il primo degli avversari che dovrà affrontare è proprio l’Inghilterra e che ogni volta che la sua squadra scenderà in campo quella lotta ricomincerà.

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