Un farmaco per rallentare la leucemia sviluppato dal LIH

Un farmaco per rallentare la leucemia sviluppato dal LIH
Un farmaco per rallentare la leucemia sviluppato dal LIH
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Il know-how del Luxembourg Institute of Health (LIH) è stato a lungo dimostrato. Dopo aver recentemente rivoluzionato la ricerca sul morbo di Parkinson o lungo covid, l’istituto ha appena compiuto un passo da gigante nella lotta alla leucemia. Stiamo parlando di una svolta rivoluzionaria qui: gli scienziati lussemburghesi sono riusciti a sviluppare un farmaco che rallenta la progressione della malattia.

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Concretamente, il farmaco bloccherebbe l’attivazione dei geni cancerogeni. “Questi risultati (…) offrono nuove speranze ai pazienti affetti da leucemia linfocitica cronica (LLC) e aprono la strada a percorsi terapeutici innovativi contro il cancro”, si rallegra il LIH in un comunicato stampa.

Un gene specifico

Proviamo a riassumere lo straordinario lavoro svolto dai ricercatori. Concretamente, lo studio si è concentrato sull’inibizione della traduzione, il processo cellulare che produce le proteine, in altre parole gli oncogeni (geni che promuovono il cancro, ndr). Gli scienziati hanno esaminato un gene in particolare, con l’idea di ridurre la loro capacità di moltiplicarsi rapidamente, prevenendo così la progressione della malattia.

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Guidati dai dottori Jérôme Paggetti ed Etienne Moussay, i pionieri del gruppo di ricerca sulle interazioni tumorali dello stroma (TSI) della LIH hanno condotto ricerche approfondite utilizzando campioni di pazienti e modelli animali. Il team ha poi dimostrato che un induttore (fattori che facilitano o innescano una reazione, ndr) noto per causare la morte delle cellule tumorali, “inibisce efficacemente la traduzione e la sintesi delle proteine ​​associate a processi cellulari chiave”.

Solide prove per il futuro

Lo studio ha anche rivelato che le cellule CLL derivate da pazienti hanno mostrato una maggiore suscettibilità alla morte indotta da questo induttore rispetto alle cellule sane. “Inoltre, inibendo la traduzione di MYC, basse dosi di FL3 (l’induttore in questione, ndr) hanno indotto cambiamenti significativi nel metabolismo cellulare, bloccando il ciclo cellulare e ostacolando la crescita e la proliferazione delle cellule CLL umane e animali (cellule cancerose, ndr)”, precisa l’istituto. Questi risultati forniscono una forte evidenza a favore dell’uso di inibitori traslazionali come approccio terapeutico selettivo per il trattamento della CLL.

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I ricercatori hanno scoperto che FL3 prende di mira specificamente un gruppo di proteine ​​chiamate proibitine (PHB), che hanno dimostrato di essere direttamente coinvolte nella traduzione. Tutto questo per dire che alla fine il medico impedisce l’avvio della traduzione, interferendo di fatto con il processo e impedendo la crescita delle cellule tumorali.

Esperimenti sui topi

I ricercatori hanno condotto esperimenti in vivo sui topi. “I risultati sono stati sbalorditivi: il trattamento ha ridotto significativamente la percentuale di cellule CLL nella milza e ha migliorato significativamente i tassi di sopravvivenza globale. È importante sottolineare che FL3 ha mirato selettivamente alle cellule CLL maligne senza intaccare le cellule B sane”.

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L’impresa è quindi significativa e non è il LIH che dirà il contrario. “Inibendo la traduzione, possiamo potenzialmente superare la resistenza al trattamento e offrire un approccio promettente per combattere le ricadute in questa difficile neoplasia”, ha affermato la dott.ssa Anne Largeot, scienziata senior del gruppo TSI e prima autrice dello studio.

Il LIH indica che questo studio è stato reso possibile grazie al “generoso” sostegno del Fondo nazionale di ricerca lussemburghese (FNR), della Cancer Foundation, della FNRS-Télévie, dell’associazione Plooschter Projet, della Belgian Foundation for Cancer Research, della Swedish Foundation for Children’s Cancer, del Swedish Research Council e della Swedish Cancer Society.

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