Bangladesh: allarmanti tassi di prevalenza dell’epatite C nei campi profughi Rohingya

Bangladesh: allarmanti tassi di prevalenza dell’epatite C nei campi profughi Rohingya
Bangladesh: allarmanti tassi di prevalenza dell’epatite C nei campi profughi Rohingya
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Le linee guida semplificate dell’OMS e i modelli utilizzati da MSF in contesti simili si sono dimostrati efficaci nell’ampliare l’accesso al trattamento dell’epatite C, con ottimi risultati in contesti umanitari dove ci sono poche risorse.

Virus trasmesso per via ematica, l’epatite C è una malattia che può rimanere latente per lungo tempo nella persona infetta e che, senza trattamento, può portare a complicazioni gravi o addirittura fatali come la cirrosi o il cancro al fegato. La malattia aumenta anche il rischio di soffrire di altre condizioni come diabete, depressione o stanchezza estrema.

Con un accesso insufficiente ai test e alle cure in molti paesi a basso e medio reddito, l’epatite C rappresenta una potenziale minaccia per la salute globale. Tuttavia, gli antivirali ad azione diretta possono curare oltre il 95% delle persone infette.

Dall’ottobre 2020, MSF esegue lo screening e il trattamento dei rifugiati che vivono nei campi di Cox’s Bazar, in Bangladesh, per l’epatite C in due strutture sanitarie situate nei campi. Tra ottobre 2020 e maggio 2024, più di 12.000 persone sono state testate utilizzando GeneXpert (macchina utilizzata per la diagnosi) e più di 8.000 pazienti hanno ricevuto cure nelle strutture di MSF. A causa dell’elevato numero di pazienti affetti da epatite C, le nostre équipe hanno dovuto, subito dopo l’inizio del programma, stabilire criteri di ammissione e accettare principalmente pazienti di età superiore ai 40 anni, poiché le nostre capacità avevano rapidamente raggiunto i limiti, poiché il programma di MSF è in grado di curare per 150-200 nuovi pazienti al mese.

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