Giornalista
16 dicembre 2024 (modifica alle 14:26) – MILANO
Marco & Simone, che detti così sembrerebbero una boy band anni Novanta, sono invece una sfida vinta al luogo comune. Sono la forza dell’impegno oltre lo scetticismo. I tifosi della Lazio immaginavano una stagione lacrime e sangue quando d’estate avevano scoperto che Lotito aveva appena preso il tecnico salvo col Verona: mai però giudicare un libro dalla copertina, Marco Baroni li sta portando alle stesse altezze a cui li aveva lasciati Inzaghi (e poi Sarri). Sì, Simone, il tecnico nerazzurro che oggi torna nella vecchia casa olimpica e che conosce di persona come si fa a rompere le catene della diffidenza altrui. C’è riuscito due volte, una a Formello nel 2016, quando svolazzava ancora il fantasma di Bielsa, e poi un’altra ad Appiano nel 2021, un attimo dopo che Conte sbattesse la porta tanto forte da far tremare le fondamenta del club.
Simone, in fondo, ha fatto come Marco, ha convinto tutti che ci si poteva fidare di un lavoratore umile e con buone idee: è rimasto sempre un idolo biancoceleste, dal campo alla panchina, e adesso ha in mano anche il cuore di San Siro. Ha riportato i nerazzurri nell’élite d’Europa e poi la scorsa stagione lassù, sopra una stella. Vorrebbe pure un bis scudetto, ma quest’anno i rivali sono aumentati. Un po’ a sorpresa c’è pure lei, la Lazio, e lui, Baroni. “Per me non sarà mai una partita uguale alle altre, sarà tosta”, ha ammesso ieri Simone sui canali ufficiali nerazzurri.
Musica da scudetto
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Lazio-Inter di stasera è anche la sfida inattesa tra allenatori dallo stile simile, ma dal percorso differente. Precocità da un lato, pazienza dall’altro. Inzaghi è passato a Roma dalle giovanili alla nobiltà della prima squadra senza passare dal via, Baroni conosce come pochi l’arte della gavetta: su e giù per la provincia, pane duro per anni, esoneri, promozioni e salvezze. Da Pescara a Novara, da Benevento a Frosinone, dalla Cremonese alla Reggina, poi l’impresa (doppia) al Lecce, l’ultimo miracolo veronese e soltanto a 60 anni una “grande” finalmente tutta per lui: il tratto comune è la gestione felice dello spogliatoio, quella parolina in più detta ai giocatori di turno per creare empatia. È una tecnica che lo stesso Inzaghi ha affinato negli anni. “Non sbaglia un discorso pre-partita…”, ha detto dell’allenatore laziale Luca Pellegrini, mentre da anni i ragazzi interisti ripetono in coro quanto sia bravo Simone a lasciarli liberi e felici in campo.
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Questa Lazio da vertigine gioca con la difesa a quattro e pratica un’aggressione feroce, mentre Inzaghi ha riprodotto a Milano più o meno la stessa ortodossia romana: linea a tre, incursioni sulle fasce, scambi di posizione e poi due punte a risolvere. Se in nerazzurro la ThuLa è la coppia incisa nel marmo, anche perché alle spalle di Thuram e Lautaro c’è il vuoto, Baroni ha creato una curiosa cooperativa offensiva: quando sui social scrive «non servono pochi, non bastano tanti, ci vogliono tutti», è perché davvero i vari Isaksen, Dia, Zaccagni, Noslin, Pedro, Tchaouna (e pure Castellanos, per questa volta squalificato) portano a turno l’acqua al mulino. Poco importa, con Marco & Simone c’è sempre bel gioco, e una musica da scudetto.
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