Sotto l’egida del MEG, il Museo Etnografico di Ginevra, e dell’etichetta francofona FLEE, un libro affascinante e un doppio album esplorano i canti e le tradizioni del Monte Athos, questa penisola monastica greca senza tempo.
Si tratta di un piccolo martello colpito contro un pezzo di legno, il semantron. Il ritmo annuncia i vespri, l’ufficio serale. Ai piedi del Monte Athos, 2033 metri che si tuffano a picco nel Mar Egeo, è più o meno l’unico strumento musicale. Allo stesso tempo, con un timbro ogni volta diverso, possiamo sentire queste bacchette suonare in concerto, di monastero in monastero. Per il resto, regna incontrastata o quasi la voce dell’uomo, quella dei monaci, solitari o in coro.
Ciò è avvenuto almeno dal 1045 e dalla promulgazione della regola di Abaton, la quale stabilisce che nessun essere vertebrato di sesso femminile è autorizzato a calcare questo luogo sacro dell’ortodossia devoto al culto della Beata Vergine e riservato ai monaci, anche ai pellegrini. come non ortodossi a condizione di ottenere al porto di Uranopoli, unica via di passaggio autorizzata, il diamonitionuna sorta di visto a pagamento. Nessun essere femminile, questo include sia i bambini che gli adulti, gli esseri umani e gli animali, ad eccezione delle specie selvatiche (libere per essenza), dei gatti (predatori di ratti) e talvolta delle galline (fornitrici di uova).
Le canzoni immortalate nel 1961
Nel 1961 un visitatore proveniente da Ginevra arrivò sulla punta della penisola di Aktè con il suo pesante registratore. Viaggiando attraverso la Grecia, l’etnomusicologo ed ellenista Samuel Baud-Bovy ha immortalato i canti del monastero di San Gregorio. Tornato sulle rive del Lago di Ginevra, depositò il suo tesoro musicale per i posteri nelle collezioni del Museo Etnografico di Ginevra, oggi MEG.
Nel 2021 una seconda squadra francofona arriva sulle pendici pietrose del monte sacro per registrare i monaci attuali, misurare la permanenza o l’evoluzione dei loro canti e ritrovare uno di loro, una volta incontrato dall’eminente ginevrino, il venerabile padre Daniel di merda di Sainte-Anne, un piccolo eremo.
Condividi questa musica in un libro
Oggi, questi documenti emergono finalmente dalle mura del MEG per volontà della loro curatrice, Madeleine Leclair, desiderosa di condividere questa musica troppo bella e spirituale per essere riservata solo al pubblico informato degli etnomusicologi. Come raggiungere nuove orecchie? È qui che entrano in gioco gli amanti della musica francofoni della FLEE, che è allo stesso tempo casa editrice e casa discografica.
Il risultato: un libro tanto bello quanto affascinante in due edizioni bilingue (francese-greco o inglese-greco). Vi troviamo in particolare una storia religiosa del Monte Athos, un’analisi etnomusicologica di questi canti immutabili, un articolo sulle tensioni politiche e religiose che possono turbare la pace di un luogo dove convivono religiosi greci, bulgari, russi, rumeni e ucraini, un lavoro fotografico quanto più vicino possibile alla vita quotidiana sull’Athos e infine un reportage dal punto di vista femminile. Scopriamo che le donne possono avvicinarsi alle sante reliquie… a condizione di restare a 500 metri dalla riva sul battello turistico, i monaci salgono a bordo per celebrare l’ufficio e vendere souvenir. Insomma, 136 pagine dopo, avrete l’impressione di aver visitato davvero i monasteri del sacro monte Athos.
Un doppio album tra ricerche sul campo e riletture
FLEE sta pubblicando anche un doppio album in formato vinile, digitale e CD dove troviamo una dozzina di registrazioni sul campo effettuate al Monte Athos. Quelli di Samuel Baud-Bovy e quelli più recenti prodotti dal team FLEE. Campana in cima al campanile, i canti dei monaci sono stati affidati, d’intesa con i monasteri interessati, a otto artisti contemporanei per una rilettura molto libera di questo materiale sonoro da scoprire nella seconda parte dell’album.
Nelle liste di questi eletti molto ispirati troviamo il tenore finlandese Jimi, gli svedesi Inre Kretsen & Prins Emanuel, i turchi Esma & Murat Ertel del gruppo Baba Zula, il percussionista greco Daniel Paleodimos o anche Holy Tongue, uno dei artisti più interessanti della scena dub londinese (l’arte del remix creativo di un brano musicale) che parla qui del suo lavoro: “Abbiamo utilizzato una registrazione del semantronla trave di legno colpita per annunciare il servizio, come elemento ritmico principale, rallentato e modificato. Per lo spazio e l’atmosfera abbiamo utilizzato le parti delle registrazioni dei monaci che cantavano nel monastero in cui non c’erano canti. Solo il rumore dei movimenti e l’eco dalla stanza. (…) Sapevamo di voler creare una traccia dub lenta, meditativa e psichedelica, e ‘Athos dub’ ne è l’incarnazione.”
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Alla fine, non si trattava di aggiungere ritmo o strato di synth a queste voci maschili (ricordate il successo di Enigma negli anni ’90), ma piuttosto di creare un nuovo lavoro il cui carattere secolare conserva tuttavia una forte aura spirituale.
Nella sua prefazione libresca, “Athos, Echoes of the Sacred Mountain” si conclude con una domanda: “Sulla barca, guardando la penisola scomparire mentre Ouranoupoli si avvicina, si contempla l’evoluzione futura di questo luogo distintivo nel prossimo millennio: queste canzoni saranno continuano a resistere come hanno fatto per tanti secoli?” Ispirato, il progetto Athos contribuisce al loro riconoscimento.
Thierry Sartoretti/ld
“Athos. Echi del Sacro Monte”, Progetto FLEE. Settembre 2024.
“Athos, Echos of the Holy Mountain”, libro che accompagna l’uscita del disco “Athos. Echos of the Holy Mountain”, sotto la direzione di Olivier Duport, Alan Marzo, Madeleine Leclair e Makar Tereshin. Progetto FLEE. 2024.