LUCCA. Cecilia Lorenzoni ha passato la giornata a difendersi dalle telefonate e a dare ulteriori spiegazioni dopo le dimissioni dal consiglio comunale di Lucca per l’impossibilità di conciliare gli impegni di lavoro e della famiglia con quelli della politica, seppure locale. Ha lasciato il suo seggio per la lista Lucca Futura nell’aula di Palazzo Santini, sede dei consigli comunali e ha innescato una pioggia di reazioni sul web e sui giornali. Perché la sua lettera d’addio al consiglio ha riaperto diversi fronti sul rapporto tra donne, mamme e politica. «Con la fine del congedo parentale e il rientro al lavoro – ha scritto Cecilia Lorenzoni, madre di due bambini, 39 anni, consigliere legale del gruppo Ferragamo – il tempo a disposizione si è esaurito. Senza avere tempo ed energie, credo non si possa ricoprire degnamente il ruolo di amministratori pubblici. Per questo, dopo una lunga riflessione e dopo essermi confrontata con il mio gruppo politico, ho rassegnato le mie dimissioni da consigliera comunale».
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Il giorno dopo la lettera d’addio pubblicata dai giornali locali e l’ampia eco scatenata dalle sue parole, trova il tempo per spiegare con dovizia di dettagli il senso del suo messaggio. «Non me la prendo con nessuno, non attacco la politica, non voglio innescare polemiche sterili – dice con veemenza, per far pesare di più il significato -. Quando dico che la nostra società non è attrezzata per le nuove esigenze, che è sempre meno a misura di coppie che lavorano e decidono di avere o adottare figli, intendo dire che mancano molti strumenti fondamentali. Prendiamo i servizi educativi, la scuola dell’infanzia. Per il mio primo figlio, che ha 3 anni, il tempo pieno è cominciato a fine ottobre, ma io e mio marito abbiamo ricominciato a lavorare intensamente alla fine delle ferie, a inizio settembre. Poi il tempo pieno è fino alle 16,30, ma tutti lavorano almeno fino alle 17,30. E non è il mio caso, perché si va anche oltre. Le sembra una società che ha i tempi dei servizi calibrati alle esigenze delle famiglie?».
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C’è spazio anche per qualche consiglio alla politica. «Ai tempi del Covid si facevano sedute di consiglio e commissione da remoto – ricorda Cecilia Lorenzoni – e si potrebbe tornare a farlo per le coppie con figli piccoli. Ma ci sono tanti strumenti di welfare a cui pensare, non solo adattabili alla politica. E’ la società nel suo insieme che deve cominciare a pensarci seriamente. Anche per contrastare il basso tasso di natalità, in Italia più che altrove, e l’uso compulsivo dei nonni, risorsa fondamentale per l’organizzazione della famiglia».
L’ormai ex consigliera comunale di Lucca Futura ricorda precedenti di donne politiche illustri che hanno portato i figli e addirittura allattato nelle aule parlamentari. Lo fece nel 2018 Jacinta Ardem, premier della Nuova Zelanda, ancora rimpianta ‘down under’. Lo fece nel maggio dello stesso anno la senatrice democratica dell’Illinois Tammy Duckworth, dando una spinta decisiva alla legge negli Stati Uniti che consentiva di allattare nei luoghi di lavoro, prevedendo spazi adeguati. Lo fece la deputata laburista Stella Creasy alla Camera dei Comuni a Westminster, con il suo piccolo di 13 settimane. Ma ricevette una lettera di richiamo da parte dell’amministrazione della Camera: «Se accompagnata da un bambino, non può sedersi sullo scranno in aula, né partecipare ai dibattiti». In Italia è toccato alla deputata pentastellata Gilda Sportiello, nel giugno 2023, allattare il suo piccolo Federico a Montecitorio. «Anch’io ho portato il mio primo figlio – conclude Cecilia Lorenzoni – in consiglio comunale a Lucca nel 2022, aveva solo un anno. Puoi farlo una o due volte, mica per tutte le sedute». Effettivamente sarebbe un supplizio per i bambini, dopo che evapora il sapore della novità.