Dda quando mercoledì 13 novembre sono cadute le richieste della Procura al tribunale di Parigi, Marine Le Pen ha condotto un'intensa campagna di comunicazione per cercare di screditare il sistema giudiziario e trasformare il processo contro gli assistenti degli eurodeputati del Front National – ora il Rally national – in un processo politico il cui unico scopo sarebbe quello di escluderla dalla vita politica rendendola ineleggibile. Nei suoi confronti le sono stati comminati cinque anni di reclusione, di cui tre con la condizionale, una multa di 300.000 euro e cinque anni di ineleggibilità, con esecuzione provvisoria. “Una condanna a morte politica”ha detto, venerdì 15 novembre.
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Per coloro che cercano di affermarsi dal 2022, questa offensiva è innanzitutto una spettacolare ammissione di debolezza. I 27 imputati in questo caso sono apparsi impotenti, nel corso del processo, a contestare l'esistenza di una sistematica e massiccia appropriazione indebita di fondi pubblici organizzata da Jean-Marie Le Pen poi da sua figlia, tra il 2004 e il 2016, per mettere in servizio gli assistenti eurodeputati quasi esclusivamente il partito e i suoi dirigenti.
Tuttavia, a partire dalla legge Sapin 2 del 9 dicembre 2016, per questa tipologia di reati è obbligatoria la pena di ineleggibilità. I responsabili della RN, che continuano a denunciare il lassismo giudiziario, che esigono la moltiplicazione dei minimi di pena o addirittura l'esecuzione immediata delle pene, sono particolarmente sconsiderati nel contestare il rigore della legge quando li riguardano, a meno che non ritengano che esista Ci sono due tipi di giustizia, una per i deboli, l'altra per i forti.
È facendo leva sul suo capitale politico, sui milioni di voti che rappresenta ma anche sul peso acquisito dalla RN nell’Assemblea nazionale, che Marine Le Pen sostiene, tra le requisizioni e la sentenza di primo grado, di influenzare il corso della giustizia. La decisione del tribunale penale è attesa all'inizio del 2025, starà a lui dare seguito o meno alle richieste dell'accusa. La questione chiave è quella dell’esecuzione provvisoria dell’ineleggibilità, che, se confermata, impedirebbe a Marine Le Pen di competere alle elezioni presidenziali del 2027, senza attendere l’esito dei ricorsi che potrebbe avviare.
Sbagliare il pericolo
Qualunque decisione prenderà, la corte è già intrappolata nel clamore politico precedentemente organizzato: se sarà più indulgente rispetto alle requisizioni, Marine Le Pen si rallegrerà di aver vinto la tornata. Che li confermi o li inasprisca, sarà al contrario accusato di aver privato il “popolo francese” della sua libertà di espressione.
L’offensiva è tanto più perniciosa in quanto si svolge in un clima di crescente protesta contro lo Stato di diritto, alimentato dall’estrema destra e, più recentemente, da parte della destra. La sovranità popolare è sempre più messa in competizione con il potere giudiziario, che dovrebbe ostacolarla.
Con grande imprudenza, l'ex ministro degli Interni Gérald Darmanin ha ritenuto opportuno dichiararlo “Sarebbe profondamente scioccante se Marine Le Pen fosse ritenuta non idonea e quindi non può presentarsi al suffragio dei francesi ». Dire questo significa fraintendere il pericolo, rifiutarsi di vedere che coloro che, all'opposizione, minano il terzo potere sono gli stessi che, una volta al potere, fanno di tutto per sottometterlo. L’evoluzione delle cosiddette democrazie illiberali e quanto sta emergendo negli Stati Uniti ne sono solo l’agghiacciante dimostrazione.
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