Il debutto di Sigourney Weaver nel West End nei panni di Prospero evoca una tempesta di tempeste passate | Teatro

Il debutto di Sigourney Weaver nel West End nei panni di Prospero evoca una tempesta di tempeste passate | Teatro
Il debutto di Sigourney Weaver nel West End nei panni di Prospero evoca una tempesta di tempeste passate | Teatro
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IO hanno una cosa in comune con Andrew Lloyd Webber: entrambi abbiamo visto John Gielgud interpretare Prospero al Theatre Royal Drury Lane nel 1957. La grande differenza è che, poiché Lord Lloyd Webber ora possiede il teatro, è stato in grado di suggerire che Shakespeare venisse ripreso a the Lane per la prima volta in 67 anni sotto forma di una nuova produzione di Jamie Lloyd di The Tempest con Sigourney Weaver. È un casting fantasioso e mi ha fatto riflettere, come qualcuno che ha assistito a una tempesta di Tempeste, su Prosperos del passato.

L’opera in sé è, come scrisse una volta Anne Barton, “un’opera d’arte straordinariamente compiacente”: è aperta a molteplici significati e a messe in scena infinitamente diverse. Prospero può anche essere interpretato in vari modi ma, esaminando le circa 40 produzioni che ho visto, ho individuato quattro interpretazioni chiave. C’è Prospero il mago, l’impresario, il colonialista e il despota. Le categorie sono lungi dall’escludersi a vicenda. In effetti, un segno di un grande Prospero è la capacità di combinarli tutti, ma almeno danno una guida pratica alle complessità del ruolo.

Rudi Davies nel ruolo di Miranda e Max von Sydow nel ruolo di Prospero in The Tempest all’Old Vic, Londra, nel 1988. Fotografia: Tristram Kenton/The Guardian

Il mago è un ovvio punto di partenza poiché si pensa che il personaggio fosse basato su John Dee che fu accusato di stregoneria a Cambridge e che in seguito divenne l’astrologo di Elisabetta I. Quando Gielgud interpretò Prospero – per la terza volta – nel film di Peter Hall del 1974 National Nella produzione teatrale somigliava davvero a Dee, con il suo zucchetto nero e la gorgiera bianca. Ma è stato nella produzione nazionale di Hall del 1988 che ho sentito di essere testimone del soprannaturale. Il Prospero di Michael Bryant era un negromante che somigliava a Faust che si dilettava con le forze oscure. Quando Bryant ci ha detto “tombe al mio comando / Hanno svegliato i loro dormienti, li hanno fatti uscire”, hai sentito che era una figura traumatizzata ansiosa di rinunciare a qualcosa di più della semplice magia “grezza”.

Se Prospero è un diabolico, può anche essere visto come un surrogato del regista che mette in scena il proprio dramma di vendetta. Nel 1988 – anno che vide quattro produzioni importanti – due si distinguerono come esempi di metateatro. Nella versione Cheek by Jowl di Declan Donnellan, Prospero interpretato da Timothy Walker era un tirannico attore-manager che osservava gran parte dell’azione da un camerino di scena. Più elaborato è stato il Prospero di Haruhiko Joh nella produzione ispirata al Noh di Yukio Ninagawa che gli ha fatto iniziare ogni scena con un battito di mani. Il problema con questo approccio, tuttavia, è che esagera con l’onnipotenza di Prospero e prosciuga l’autonomia degli altri personaggi.

La linea più di moda oggigiorno è quella di trattare Prospero come un simbolo del colonialismo. In Gran Bretagna fu Jonathan Miller che, dopo aver letto un libro di Octave Mannoni sulla colonizzazione francese del Madagascar, aprì la strada a questa interpretazione in una produzione del 1970 che vedeva Graham Crowden nei panni di un Prospero permalosamente nevrotico che dominava sull’Ariel di Norman Beaton e sul Calibano di Rudolph Walker il cui grido di “Quest’isola è miniera” aveva un peso extra. Innumerevoli produzioni sono seguite sulla scia di Miller, inclusa una da lui stesso realizzata nel 1988 con Max von Sydow nel ruolo di Prospero, ma poche sono state altrettanto sottili. Ciò che ricordo dell’originale di Miller è la tardiva acquisizione di simpatia da parte di Prospero nel riconoscere la sua colpa e la necessità di un trasferimento di potere.

Mark Quartley nel ruolo di Ariel e Simon Russell Beale nel ruolo di Prospero in The Tempest al Royal Shakespeare Theatre, Stratford-upon-Avon, nel 2016. Fotografia: Tristram Kenton/The Guardian

Questa lettura sfuma nella categoria finale di Prospero come despota, utilizzata da tutti i migliori attori. Ricordo Gielgud in quella produzione di Peter Brook del 1957 come una figura arrabbiata, a torso nudo, che ti faceva sentire che era questione di decidere se avrebbe perdonato i suoi nemici. Ma la tendenza alla tirannia era presente in Derek Jacobi (1982), John Wood (1988) e, più recentemente, in Simon Russell Beale nella produzione hi-tech del 2016 di Gregory Doran. Un momento si distingue da quell’ultima esibizione. “I nostri festeggiamenti ora sono finiti”, invece di essere un’aria d’oro, divenne il furioso tentativo di un padre di interrompere il rapporto fisico di Ferdinando con una Miranda fin troppo docile.

Il ruolo trascende anche il genere. La prima donna Prospero che ho visto è stata Valerie Braddell che, in una versione del 1981, ha trasformato l’usurpata regina di Milano in una figura materna, prendendo a un certo punto Calibano tra le sue braccia protettive. Vanessa Redgrave nel 2000 era una presenza fisicamente imponente, ma rimpiango di non aver interpretato Prospero di Harriet Walter in una produzione tutta al femminile al Donmar nel 2016. Se ho imparato qualcosa nel corso degli anni, è che Prospero è un ruolo che mette in risalto la peculiarità qualità del suo interprete. Oscar Wilde diceva che gli Amleti sono tanti quanti sono gli attori e per Prospero vale esattamente la stessa regola.

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