“È un ulteriore segnale delle tensioni che hanno segnato Francia e Israele in un contesto teso”, ma “non è un fatto internazionale importante”, sfuma giovedì Frédéric Charillon, professore di relazioni internazionali all'Università di Parigi e all'Essec su franceinfo.
Pubblicato il 08/11/2024 00:17
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Per Frédéric Charillon, professore di relazioni internazionali all’Università di Parigi e all’Essec, l’incidente diplomatico accaduto a Gerusalemme è un “messaggio [d’Israël] rivolto ai francesi e agli europei per dire “facciamo quello che vogliamo””.
Giovedì 7 novembre è entrata la polizia israeliana “esercito” et “senza autorizzazione” in un dominio nazionale francese a Gerusalemme, l'Éléona, che il capo della diplomazia francese si preparava a visitare. Anche due gendarmi francesi, che avevano chiesto agli agenti di polizia israeliani di andarsene, sono stati arrestati violentemente prima di essere rilasciati.
Frédéric Charillon ritiene che si possa parlare “incidente diplomatico”. D’altronde non è detto che si possa dire che lo sia “maggiore”. “È un ulteriore segnale delle tensioni che hanno segnato Francia e Israele”, continua, “in un contesto teso” Di più “questo non è un fatto internazionale importante”. Secondo lui, questo è successo lì perché “È una parte della città in cui la Francia non riconosce formalmente la sovranità israeliana, quindi è un modo per dire: 'non ci riconoscete in questa parte, ma vi mostreremo che siamo a casa e lo facciamo'”. quello che vogliamo.”
Più in generale, il professore analizza il fatto che il governo israeliano sta adottando un comportamento che solleva interrogativi “con paesi che a priori non sono affatto ostili”. Per esempio“recentemente abbiamo visto l'amministrazione israeliana, il Primo Ministro, cercare di umiliare l'amministrazione democratica americana. Questa è la Francia.”
“È abbastanza sorprendente vedere che il governo israeliano cerca di umiliare o provocare governi che non sono nemici”.
Frédéric Charillon, professore di relazioni internazionali all'Università di Parigi e Essecsu franceinfo
Frédéric Charillon constata che da più di un anno il governo israeliano “hanno trasformato un’iniziale e legittima simpatia internazionale dopo il 7 ottobre in una strategia di provocazione sistematica”. Per quanto riguarda ciò che spera l’amministrazione israeliana, “questa è una vera domanda”. “Possiamo immaginare che esista una strategia di provocazione intesa a consolidare una base elettorale interna – che è senza dubbio una preoccupazione prioritaria per il primo ministro israeliano – ma le conseguenze internazionali sono sorprendenti”.
Infatti il professore spiega che adesso c'è “una parte dell’elettorato americano che ritiene che l’amministrazione israeliana si stia spingendo troppo oltre, così come lo pensano gli alleati europei”. La strategia “giocare al consolidamento interno di una base elettorale piuttosto che alla diplomazia esterna” Est “ancora rischioso”.