quanto vale il film sul passato di Donald Trump?

quanto vale il film sul passato di Donald Trump?
quanto vale il film sul passato di Donald Trump?
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“Questo non è un film su Donald Trumpavverte Ali Abbasi in una conferenza stampa al Festival di Cannes. È un film su un sistema e su come funziona. » All’alba delle elezioni americane, L’Apprendista era uno dei lungometraggi più attesi al Festival di Cannes. Le sue novità scottanti e il suo casting (molto) prestigioso hanno suscitato la curiosità di critici e spettatori, e per una buona ragione.

Diretto dal regista danese-iraniano Ali Abbasi (noto e riconosciuto per Confine et Le notti di Mashhad), l’opera è portata avanti da un certo Sebastian Stan (Capitan America) più grande della vita nella pelle di Donald Trump, un Jeremy Strong (Successione) mozzafiato nel ruolo di Roy Cohn, o anche di una Maria Bakalova (Borat) che eccelle nel ruolo di Ivana Trump e ci introduce a un lato completamente nuovo dell’ex moglie del miliardario. Affascinante, dinamico e sottile, il film ci immerge nella New York degli anni ’70 per farci rivivere l’ascesa di Donald Trump, un giovane ambizioso che ha un solo desiderio: liquidare in breve tempo la grande mela.

Rendi New York di nuovo grande

New York vista dall’alto, con i suoi infiniti grattacieli. New York vista dal basso, con le sue strade sporche e abbandonate. Scene di violenza, feste, droga. La fotocamera cattura “la città della paura” con musica rock orecchiabile e la magia avviene subito. Fin dai primi minuti ascoltiamo affascinati una voce maschile che ci descrive questa città che aveva tutto per farci sognare, ma che ha perso il suo splendore. Questa voce è quella di Donald Trump.

Un uomo con 1000 vite (ma che ancora non lo sa), e il cui viaggio è stato catturato in questo lungometraggio di due ore. Perché L’Apprendista non è solo un film sul mondo della politica. È la storia di un viaggio straordinario e di un uomo plasmato da un padre autoritario e razzista – anche se lui assicura di non esserlo perché « [s]il nostro autista è nero” –, patriottico e omofobo, che ha tanto banalizzato l’insulto “frocio” che divenne una punteggiatura naturale nelle sue frasi.

L’opera però interessa soprattutto un incontro che ha cambiato tutto: quello tra Donald Trump e Roy Cohn in un club molto esclusivo della città. Fin dai primi scambi, il famoso avvocato americano ha visto il potenziale del suo nuovo puledro e ha riposto molte speranze in questo “magnifico purosangue” chi vuole “riportare New York alla sua grandezza”.

I segreti del potere

Questo nuovo mentore lo aiuterà e lo consiglierà affinché possa realizzare il suo progetto in cui nessuno crede: ristrutturare il Commodore per renderlo uno degli hotel più belli di New York. Politici, giornalisti, artisti, atleti… Lo presenta alle persone più influenti della città e gli insegna a corrompere tutti, perché qui è tutta una questione di rapporti – anche quando si tratta di chiedere al sindaco una riduzione delle tasse di 160 milioni di dollari per costruire l’edificio dei suoi sogni.

Il trailer di L’Apprendista.

Roy Cohn gli dà anche le sue tre regole per vincere: “1. Attacco”, « 2. Nier », “3. Non ammettere mai la sconfitta”senza sapere che sta creando un mostro. In effetti, il «Donny ragazzo» imparò bene la lezione e, quasi 50 anni dopo, i principi dell’avvocato sembrano più attuali che mai. L’Apprendista ci porta così nei corridoi del potere, dipingendo allo stesso tempo il ritratto di un uomo la cui testa trabocca di idee ambiziose.

Il film vuole anche intromettersi nella vita privata di Donald Trump raccontandoci il suo incontro con la futura moglie Ivana e come sia riuscito a conquistare questa donna indipendente. Interrogata in merito in conferenza stampa, l’attrice ha parlato del suo ruolo, riferendolo «più [elle a] studiato questo personaggio, di più [elle l’a] Amore “. Anche noi ne siamo rimasti incantati, godendoci la scoperta di una donna appassionata, ambiziosa, in anticipo sui tempi.

Dopotutto umano

Il lungometraggio è impeccabile a tutti i livelli. I dialoghi sono molto ben scritti e ritmati, e volano come missili, proprio come il suo protagonista. Lo scenario è arricchito da una produzione curata con una grana tipica degli anni Settanta, ma anche da un montaggio frenetico e da una colonna sonora eccezionale che rimane a lungo nella nostra mente dopo la fine dei titoli di coda. Non soffre di lunghezza e riesce a trascinarci nella sua storia dall’inizio alla fine, per due ore. Ali Abbasi ha chiaramente raggiunto il suo obiettivo: “Decostruire il personaggio (…), l’immagine mitologica dell’icona per renderla più umana”.

La sfida è vinta brillantemente, e il film riesce perfino a farci provare (a volte) empatia per un uomo che conosciamo fin troppo bene e che apprezziamo molto poco. Deve questo successo soprattutto al suo trio di attori eccezionali che irrompe sullo schermo. Che si tratti di Jeremy Strong con il suo sguardo disilluso e cerchiato o di Sebastian Stan con i suoi riccioli laccati, le sue espressioni facciali e le sue labbra increspate, le somiglianze fisiche sono inquietanti e contribuiscono a questo realismo.

Anatomia di un successo

Tutti conoscono il personaggio di Donald Trump. Ali Abbasi, però, lo sottolinea molto giustamente “quando lo studi nel corso dei decenni, hai l’impressione che sia una persona completamente diversa (…)”. Il regista e Sebastian Stan sono comunque riusciti a impadronirsi di questo personaggio per offrirci una versione complessa e affascinante. Il lungometraggio è giusto e intelligente, e dipinge il ritratto di un uomo intriso di se stesso e del potere, ma anche del mondo della politica e delle sue istituzioni, un universo ingiusto e crudele, afflitto dalla corruzione.

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L’Apprendista diventa così un film necessario, il che, come sottolinea Jeremy Strong, sembra “in un mondo in cui la verità è sotto attacco”. “Questo è ciò che stiamo vedendo con la campagna di Donald Trump: si sta diffondendo un’atmosfera di fake news. Ali Abassi ha girato un film su un mostro. Ha cercato di capire il mondo in cui viviamo e come questa situazione folle possa continuare. »

Non sorprende che la squadra di Donald Trump abbia minacciato di denunciare l’opera. Tuttavia, Ali Abbasi ricorda che il politico “molto spesso dice che sporgerà denuncia contro questa o quella persona, [qu’]parliamo molto [de ses procès]ma molto meno dei suoi successi. » Resta da vedere se questa satira trumpiana avrà un peso nel bilancio delle elezioni americane che si terranno a novembre. Risposta entro poche settimane.

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