In qualsiasi Paese del mondo, quando avviene una presa di ostaggi, soprattutto di natura terroristica, le autorità locali sono le prime a reagire a questo episodio criminale comunicando immediatamente quanto accaduto e adottando tutte le misure per porvi fine. Solo l’Algeria sembra fare eccezione in questo senso. La sua giunta al potere è piuttosto esperta nell’uso del terrorismo allo scopo di rintracciare, imprigionare o mettere a tacere numerosi oppositori politici. Ciò dimostra che in Algeria esiste il terrorismo buono e quello cattivo.
Martedì 14 gennaio l’Algeria è stata teatro di un nuovo atto terroristico contro un turista spagnolo. Quest’ultimo è stato rapito nel sud dell’Algeria da terroristi armati, che hanno liberato la sua guida e le persone che viaggiavano con lui, prima di portarlo in territorio maliano. Si tratta di un’azione grave che mette in luce l’incapacità dell’esercito algerino di proteggere il territorio e le frontiere.
Immaginiamo un veicolo, che trasporta terroristi, che percorre centinaia di chilometri all’interno dell’Algeria, intercetta un gruppo di turisti, li rapisce, riprende il suo cammino verso sud, attraversa il confine algerino-maliano senza che l’esercito reagisca. Ed è su questo stesso esercito che il regime di Algeri conta in caso di conflitto armato con il Marocco!
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L’altra lezione da trarre da questa gravissima vicenda è la negazione e il nascondere la testa sotto la sabbia, elevata al rango di politica statale dal duo Tebboune-Chengriha. Finora nessun funzionario algerino o media locale si è occupato di questo rapimento. Resta da vedere quali fonti, definite “attendibili” dal governo spagnolo, abbiano informato mercoledì scorso di questo rapimento. È chiaro che è stato uno degli accompagnatori del turista ad informare l’ambasciata spagnola ad Algeri, prima che il regime algerino imponesse il silenzio su questo episodio.
Inoltre, in un comunicato del Ministero degli Affari Esteri spagnolo, si informa che il rapimento è avvenuto in “un paese del Nord Africa», un modo per dire che il regime algerino non collabora e preferisce non guardare gli avvenimenti che accadono sul suo territorio. Quel che è certo è che a dare l’allarme sarebbe stata una fonte che parlava in arabo, e che inizialmente aveva creato confusione parlando di “Rahina» (un ostaggio), il che indusse a credere in un primo momento che ad essere stata rapita fosse una donna spagnola, mentre si trattava di un uomo sulla sessantina.
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La stessa fonte ha precisato anche il luogo del rapimento, ovvero la regione montuosa di Assekrem, a due passi dalla città ultramilitarizzata di Tamanrasset. Alle autorità spagnole è stata resa nota anche la natura del veicolo su cui era stato trasportato il turista rapito, un fuoristrada pick-up. Grazie a questi dati e in assenza di informazioni fornite dalle autorità algerine, i servizi segreti spagnoli hanno istituito un’unità di crisi con il compito di identificare i sequestratori dell’ostaggio spagnolo e di stabilire un contatto con loro.
Nell’edizione di lunedì 20 gennaio, il sito del quotidiano spagnolo Il confidenziale riferisce che il Centro nazionale di intelligence (CNI)”Ancora un’indagine, come nel 2009 e nel 2011, per stabilire nelle mani di quale gruppo jihadista sia il turista spagnolo catturato in Algeria e trasferito in Mali, e quale sia l’eventuale importo del riscatto da pagare per la sua liberazione“. Anche se gli occhi della Spagna sono ora rivolti al Mali, il regime di Algeri è lungi dall’essere fuori dalla routine, perché la sua responsabilità rimane piena nel garantire la sicurezza di tutti gli stranieri che entrano in Algeria.
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Tanto più che l’episodio del rapimento del turista spagnolo ha risvegliato il drammatico ricordo degli stranieri rapiti o uccisi in Algeria. Ricordiamo che due operatori umanitari spagnoli, Ainhoa Fernadez ed Enrique Gonyalons, oltre ad una donna italiana di nome Resella Orru, furono rapiti nell’ottobre 2011 nei campi saharawi di Tindouf in Algeria e immediatamente consegnati dai miliziani del Polisario. a gruppi terroristici con sede nel nord del Mali. Questi ostaggi furono rilasciati dieci mesi dopo dietro pagamento di un ingente riscatto.
La più sanguinosa presa di ostaggi stranieri in Algeria è stata quella del 16 gennaio 2013, quando il suo esercito e i suoi servizi segreti furono irrimediabilmente indeboliti dalla loro mancanza di professionalità, rivelata al mondo intero. Infatti, con il pretesto di salvare decine di ostaggi occidentali tenuti nel sito di gas di Tiguentourine (In Amenas) dal leader terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar, i soldati algerini hanno massacrato 38 ostaggi di diverse nazionalità e un pugno di attentatori, la maggior parte dei quali è riuscita a fuggire fuga dopo tre giorni di occupazione del sito del gas.
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Si comprende quindi che l’unica comunicazione fatta mercoledì scorso dal regime algerino sia stata quella in cui si è affrettato a chiedere di nascosto al Gruppo di sostegno all’Islam e ai Musulmani (JJNIM secondo l’acronimo in arabo) di negare immediatamente ogni responsabilità in merito rapimento del turista spagnolo. Ciò significherebbe allo stesso tempo insabbiare il regime di Algeri, che ospita e protegge sul suo territorio i membri di questo gruppo terroristico, tra cui il leader Iyad Ghali, un tuareg maliano stabilitosi nel sud dell’Algeria mentre è ricercato dalla Corte penale internazionale.
Questi comportamenti problematici del regime di Algeri spiegano perché non solo i suoi vicini maliani continuano ad accusarlo di sostenere apertamente il terrorismo, ma incoraggiano anche i paesi europei a sconsigliare ai propri cittadini qualsiasi viaggio in Algeria. Come nel caso del francese Quai d’Orsay che ha appena pubblicato una mappa dell’Algeria, il cui intero territorio è segnalato come a rischio, o addirittura formalmente vietato ai viaggiatori francesi.