Si ha l’impressione che la crisi tra Parigi e Algeri stia perdendo intensità. Impressione rafforzata dalla visita in Algeria del capo della DGSE francese, Nicolas Lerner, e dal suo incontro con i suoi omologhi algerini. Un incontro la cui efficacia ha richiesto una fuga di notizie organizzata sui media di questa visita per suggerire che i due paesi si parlassero al di fuori delle ripetute controversie diplomatiche.
Questa accoglienza è stata in ogni caso un segnale inviato dal regime di Algeri a Parigi sulla sua volontà di calmare l’ardore punitivo francese di fronte a questa tensione senza precedenti tra la Francia e il regime algerino. Non si può parlare del viaggio del capo dei servizi segreti francesi in Algeria senza menzionare la vicenda più emozionante tra i due paesi, quella dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal. Emmanuel Macron e il suo governo ne hanno fatto una causa nazionale. Dalla sua risoluzione dipende in gran parte la possibilità di una reale riduzione della tensione tra i due Paesi.
Per il presidente Abdelmadjid Tebboune la vicenda Sansal somiglia, per usare una metafora araba, a un coltello conficcato nella gola. Non può né ingoiarlo, pena l’isolamento internazionale, né portarlo fuori, pena l’emorragia interna.
In ogni caso, la ripresa del dialogo tra francesi e algerini attraverso i servizi segreti non è frutto del caso. Ciò avviene dopo la minaccia esplicita formulata nella maniera più chiara dall’attuale ministro della Giustizia Gérald Darmanin, ex titolare del portafoglio degli Interni. Quella che consiste nell’imporre visti sui passaporti diplomatici e menzionare tra le righe la scia di beni algerini illeciti in Francia. Un modo per esercitare la massima pressione sulla nomenklatura politico-militare algerina e su chi le sta vicino.
Questa crisi tra Parigi e Algeri è stata l’occasione per mettere in luce le fratture reali della società francese sulla questione algerina. Così grave che lo spettro politico è diventato spettacolarmente diviso su come affrontarlo. La vicenda degli influencer attivisti algerini, accusati di diffondere parole di odio, violenza e terrorismo, ha provocato voli semantici di rara violenza. Gli esempi non mancano e alimentano abbondantemente i social network. Mentre Sarah Knafo, eurodeputata del movimento Reconquest guidato dall’ultra-destra Éric Zemmour, percepisce questi individui come “bombe sulle gambe“. Un modo per sottolinearne la pericolosità strutturale. Sarah Knafo lo mette nel contesto: “Evidentemente è necessario espellere delinquenti, criminali e schedari stranieri. Non abbiamo motivo di tenere le bombe sul nostro territorio».
“Una parte della sinistra francese, nella sua parte estrema, minoritaria ma attiva, coltiva un’eterna utopia su un’Algeria fantasticata”.
Al che Marine Tondelier, capo dei Verdi francesi, ha risposto commentando la decisione di Bruno Retailleau, ministro degli Interni, di espellere uno degli influencer, Doualem, dicendo che non dovremmo trattare le persone come “pacchi da La Redoute“. La citazione di Marine Tondelier, nella sua interezza, vale la deviazione: “Quando hai un cittadino di un paese, vuoi rimandarlo nel suo paese, questo avviene con l’accordo del paese. Le persone non sono pacchetti La Redoute. Non si può dire: ecco, lo mando, rispedito al mittente.»
Le due formule, una più divisiva dell’altra, riflettono le fratture della società francese sulla questione algerina. Da un lato, la percezione di un pericolo imminente, che incarna un torrente di cliché negativi, con scorciatoie e formule per provocare una corrente elettrica. Dall’altro, una forma di negazione assoluta, di autismo assunto attraverso una visione selettiva e con paraocchi stretti. La destra (classica ed estrema) vuole un discorso di verità e realismo sull’Algeria e sul suo regime autoritario. Mentre una parte della sinistra, nella sua parte estrema, minoritaria ma attiva, coltiva un’eterna utopia su un’Algeria fantasticata.
Non è quindi un caso che, nella sua risposta alla crisi tra Algeri e Parigi, il regime algerino abbia voluto volontariamente limitare le sue questioni ai capricci di un’estrema destra prigioniera dei suoi sogni abortiti di un’Algeria eternamente francese. Ciò rende possibile invocare gli orrori del passato, mobilitarsi sull’odio coloniale e non affrontare i fallimenti del governo algerino indipendente.
Una parte della sinistra, in particolare de La France insoumise, si è data la missione di difendere il regime di Algeri e di trovare delle scuse per giustificarlo nel suo braccio di ferro con le autorità francesi. Quel che è peggio, ha avviato un’azione filo-algerina che mira soprattutto a regolare i conti politici interni con il suo avversario di destra. A sinistra, questa crisi franco-algerina ha messo in luce le staffette francesi del regime di Algeri a Parigi. Una nicchia di estrema sinistra pronta a vendere tutte le chimere, a ingoiare tutti i serpenti per giustificare il comportamento aggressivo delle autorità algerine.