Cellula riproduttiva di Suchy: Il bisonte “Pola IV”, detto “Teigne”, abbattuto dalla lingua blu

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Tale cellula riproduttiva

Il bisonte “Pola IV”, detto “Teigne”, abbattuto dalla lingua blu

Una bambina di 7 anni è morta venerdì nella riserva del Nord Vaudois. Il virus, trasmesso da un moscerino, si è diffuso negli allevamenti dell’Altopiano.

Inserito oggi alle 16:23

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In breve:
  • Un bisonte di Suchy è morto venerdì scorso di febbre catarrale.
  • Questa malattia virale colpisce i ruminanti europei da diversi mesi.
  • “Polamana” e “Posel”, anch’essi infetti, sono attualmente in fase di guarigione.
  • Il virus non si trasmette all’uomo, rassicura il biologo Alain Maibach.

Tristi notizie per gli amanti della fauna selvatica. Un bisonte della cella di allevamento di Suchy è morto venerdì mattina, vittima di malattia della lingua blu (BT) che da diversi mesi sta devastando i ruminanti in tutta Europa.

“Dalla fine di ottobre, diversi animali del nostro allevamento hanno contratto la malattia, a causa di un virus portato da una piccolissima mosca della famiglia dei Ceratopogonidae”, annuncia a malincuore l’Associazione europea dei bisonti della foresta di Suchy (ABEFS). Secondo l’Ufficio federale di veterinaria, la malattia è oggi ampiamente distribuito negli allevamenti dell’Altopiano.

>Distribuzione dei casi di lingua blu nei bovini e negli ovini dal 28 agosto.>

Povertà genetica

Innanzitutto è il maschio Attività commerciale che presentava i segni della malattia – copiosa salivazione e paralisi muscolare – dal 20 ottobre. Poi è stata la volta delle due femmine Polamana et Pola IV. Quest’ultima, soprannominata “Tinea” per il suo carattere assertivo, non è sopravvissuta, a differenza degli altri due che ora sono convalescenti.

Il bisonte è arrivato nella foresta settentrionale del Vaudois alla fine del 2019. È nata nel 2017 nel centro di allevamento di Pszczyna in Polonia. “Nell’evoluzione della malattia, il ns Pola IV soffriva di infiammazione dei piedi e distacco del corno degli zoccoli, accompagnati da una significativa insufficienza renale ed epatica sicuramente legata alla difficoltà che aveva ad idratarsi.

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A livello internazionale, “dall’autunno sono stati segnalati diversi casi di mortalità in centri di riproduzione simili a quello della foresta di Suchy, in particolare in Romania, nei Carpazi, dove sono già morti tre bisonti”, riferisce l’ABEFS.

Questo increscioso evento ricorda la “fragilità” di questi bisonti europei che “provengono tutti dai dodici individui riuniti nel 1922 e che servirono per la rinascita della specie”, sottolinea il comunicato. Nonostante oggi nel continente siano presenti più di 10.000 individui, “la specie continua a soffrire del suo impoverimento genetico e delle debolezze ad esso associate”.

Tendenza a nascondere la malattia

Alain Maibach è il biologo ufficiale dell’ABEFS. Come tutta la squadra che è in contatto quasi quotidiano con questi animali, dice di essere profondamente toccato da questa scomparsa. “Dal lotto originale, abbiamo ancora sette teste nella mandria.” Rassicura: “L’altro bisonte non ha contratto il virus. Non si trasmette da un animale all’altro, né all’uomo.

In effetti è solo il moscerino ad essere incolpato. «Per fortuna non vola durante l’inverno, quindi i contagi dovrebbero calmarsi per qualche mese. Rischia però di ricominciare la prossima primavera”. Intanto Alain Maibach vorrebbe vaccinare la mandria come misura preventiva. “Tuttavia, i vaccini sono prodotti in Francia, che per il momento non li esporta ancora”.

>Suchy il 2 dicembre 2024. Un bisonte è appena morto a causa della lingua blu nel parco di Suchy. Sono rimasti 7 esemplari sani. Foto: un bisonte. © (24 ORE /Jean-Paul Guinnard)>

Il biologo spiega che in natura i bisonti tendono a nascondere la loro sofferenza, da qui la difficoltà ad agire in tempo. “Questo si vede meglio negli zoo. In natura, i bisonti sono soggetti a predazione se mostrano segni di debolezza. Poi resistono fino all’ultimo momento, prima di crollare all’improvviso, senza preavviso”.

Pola IVsolitamente timida, si è lasciata avvicinare con molta facilità dagli operatori sanitari, non riuscendo più a resistere alla malattia. Nel suo caso gli antinfiammatori somministrati ai grandi ruminanti infettati dal virus non sono bastati. “La gente si chiede perché non diamo loro antibiotici, ma purtroppo non serve a niente quando si tratta di attacchi virali”, conclude Alain Maibach.

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Thibault Nuovo Weme è giornalista della sezione vodese. Dopo la laurea in scienze politiche, ha conseguito il master presso l’Accademia di giornalismo e media (AJM) dell’Università di Neuchâtel. Ha collaborato anche con la redazione di Le Temps.Maggiori informazioni

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