L’omicidio a sangue freddo di un detenuto scuote la prigione

L’omicidio a sangue freddo di un detenuto scuote la prigione
L’omicidio a sangue freddo di un detenuto scuote la prigione
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Da martedì 26 novembre 2024, i detenuti del centro di detenzione correzionale di Mbour, che sembrano intrappolati in un ciclo infernale di tragedie, hanno iniziato uno sciopero della fame. Un movimento collettivo di stati d’animo che emerge come un grido silenzioso, un ultimo slancio di dignità di fronte all’indifferenza delle autorità.

Tutto è iniziato con la morte di Elimane Sarr, una vecchia detenuta della stanza 13, morta lunedì scorso, 25 novembre 2024, per un intenso dolore ai piedi. Evacuato all’ospedale Thierno Mouhamadoul Mansour Barro di Mbour, l’uomo non è sopravvissuto, lasciando dietro di sé una comunità carceraria immersa nella silenziosa tristezza. Ma mentre le mura ancora assorbivano i sospiri di questa prima partenza, un altro evento cruento rinforzò l’oscurità di una notte già troppo lunga.

Nella stanza 17, due giovani detenuti, Mbaye Niang e Babacar Hanne, hanno avuto uno scontro selvaggio sabato 23 novembre 2024. Un confronto che ha visto il rapido intervento dell’Amministrazione penitenziaria. I due uomini, ritenuti troppo pericolosi per stare insieme, sono stati trasferiti nella cella di isolamento, progettata per domare l’ardore violento. Eppure, lungi dal calmare gli animi, questo isolamento aprì la strada a un esito fatale.

Nonostante una temporanea tregua tra gli antagonisti, segnata dall’intervento calmante del loro compagno di cella Daouda Sarr, la notte tra sabato e domenica è passata nell’orrore. Intorno alle 3 del mattino Babacar Hanne, ancora rimuginando sul suo risentimento, sorprese i suoi compagni di prigionia nel sonno. Senza fare rumore, si è avvicinato a Mbaye Niang e gli ha dato un calcio violento in bocca prima di stringergli il collo con determinazione mortale.

Svegliandosi di soprassalto, Daouda Sarr ha urlato e bussato alla porta per allertare le guardie. Quest’ultimo, accorso con urgenza, strappò Mbaye Niang dalle grinfie del suo carnefice. Ma il danno era già fatto. Evacuato in ospedale, il giovane, precipitato in coma profondo, è morto infine martedì al Pronto Soccorso.

La morte di Mbaye Niang aggiunge un nuovo capitolo oscuro a questa serie di drammi. In uno scoppio di rabbia contro l’amministrazione penitenziaria, i prigionieri, in particolare quelli di Malaw City, hanno iniziato uno sciopero della fame. Denunciano non solo le loro lunghe detenzioni preventive e la qualità esecrabile del cibo, ma anche le condizioni di vita insopportabili che prevalgono nello stabilimento. La controversa gestione dei conflitti interni da parte del capo della corte, in particolare mettendo Mbaye Niang e Babacar Hanne nella stessa cella di isolamento dopo il loro scontro, ha cristallizzato in particolare la loro rabbia.

La morte di Mbaye Niang aggiunge un nuovo capitolo oscuro a questa serie di drammi. In uno scoppio di rabbia contro l’amministrazione penitenziaria, i prigionieri, in particolare quelli di Malaw City, hanno iniziato uno sciopero della fame. Denunciano non solo le loro lunghe detenzioni preventive e la qualità esecrabile del cibo, ma anche le condizioni di vita insopportabili che prevalgono nello stabilimento. La controversa gestione dei conflitti interni da parte del capo della corte, in particolare mettendo Mbaye Niang e Babacar Hanne nella stessa cella di isolamento dopo il loro scontro, ha cristallizzato in particolare la loro rabbia.

Nella stanza 16, riservata ai malati, ma in gran parte sovraffollata, gli scioperanti hanno espresso profonda amarezza. Progettato per 50 persone, ora ne ospita 84, trasformando questo luogo in uno spazio soffocante dove la salute peggiora rapidamente come la speranza. Solo nel novembre 2024, due detenuti europei, rispettivamente di 46 e 70 anni, sono morti in questa stanza nel giro di una settimana. Fu anche in questa stanza che fu ospitato il vecchio Elimane Sarr prima di essere trasferito nella stanza 13 dove subì a lungo il martirio, prima di morire, quasi abbandonato al suo destino.

L’Osservatore

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