Algeria-Marocco: cronaca di una rottura senza fine

Algeria-Marocco: cronaca di una rottura senza fine
Algeria-Marocco: cronaca di una rottura senza fine
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Dall’annuncio unilaterale da parte di Algeri della rottura sconvolgente delle relazioni diplomatiche tra Algeria e Marocco nell’agosto 2021, il clima già teso tra i due paesi è passato dal freddo gelido alla tempesta polare.

In questo duello geopolitico, Algeri, sempre fedele al suo modello di confronto assoluto, sembra divertirsi nelle sue ripetute accuse contro Rabat. I due senili sul balcone dello spettacolo dei Muppets made in Algeria si divertono. Puntano costantemente il dito contro la “mano invisibile” marocchina che, secondo loro, minaccia la loro sovranità.

Eppure, se dovessimo evidenziare il figlio capriccioso di questo quartiere tempestoso, è molto difficile ignorare l’atteggiamento meschino dell’Algeria. Considerando altri punti di vista, è ovvio che non è Rabat a tirare le fila di questo pessimo gioco diplomatico.

2021: L’ultimo episodio di una lunga saga

Il 24 agosto 2021, in un comunicato che sembrava un regolamento di conti televisivo, il ministro degli Esteri algerino, uno dei membri senili del clan fantoccio, Ramtane Lamamra, ha annunciato la rottura dei rapporti con il Marocco, a causa di “ provocazioni ostili”. Proprio quello! Ma, dietro queste infuocate dichiarazioni, emerge una semplice verità: la questione del Sahara marocchino resta la vera ossessione di Algeri, il fulcro di questo teatro dell’assurdo.

Algeri si indigna, si agita e si rinchiude nel suo ruolo di zelante inquisitore. Il re Mohammed VI tende instancabilmente la sua mano. Nel corso del suo discorso in occasione del 22esimo anniversario della sua ascesa al trono, il Sovrano ha ribadito il suo appello all’Algeria per un “dialogo franco e diretto”, sostenendo la riapertura delle frontiere e il superamento delle differenze per il bene dei due popoli fratelli. Ma, ahimè, da parte algerina regna il silenzio radiofonico… o meglio, la radio degli anni ’70, aggrappata agli slogan “pravdiani” di un’altra epoca. La mano tesa del Re ha infatti trovato un acquirente, ma solo nel vuoto siderale dei meandri algerini.

Detto questo, in assenza di argomenti reali, Algeri ha giocato la sua carta preferita: il gasdotto Maghreb-Europa. Nell’ottobre 2021, fedele al suo gusto per le decisioni unilaterali, l’Algeria ha deciso di chiudere il gasdotto che passava attraverso il Marocco per rifornire la Spagna e l’Europa. Questo energico colpo di stato è stato salutato internamente come una “vittoria strategica”. Ma, sia chiaro, questa manovra non ha fatto altro che mettere in luce il crescente isolamento dell’Algeria sulla scena internazionale. Chiudendo il rubinetto del gas, Algeri pensava forse di piegare il Marocco.

Tuttavia, si è trattato di una scarsa comprensione della resilienza di un Paese che fa affidamento su solide alleanze e su una diplomazia attiva. Quanto alle conseguenze, non si sono fatte attendere: la Spagna, lungi dal cedere a queste goffe pressioni, ha voltato le spalle e oggi sostiene apertamente la posizione marocchina nel Sahara. Un vero boomerang che l’Algeria probabilmente non si aspettava. Ma, ancora una volta, la cecità ideologica sembra avere la precedenza sulla realtà pragmatica.

Il gasdotto che diventa arma politica e la frontiera aerea che racconta tutto

Da parte algerina, l’animosità ha continuato a crescere, fino alla chiusura dello spazio aereo algerino agli aerei marocchini, decisione entrata in vigore nel settembre 2021. Un gesto puramente simbolico, ma che la dice lunga sulla mentalità di Algeri: invece di cercare compromessi , è meglio tagliare i ponti, anche i cieli! Mentre la globalizzazione unisce i popoli, l’Algeria preferisce innalzare barriere immaginarie per proteggersi dalle cosiddette “intrusioni” marocchine.

Se il tono algerino dovesse solo inasprirsi, Rabat continua a chiedere saggezza. Il re Mohammed VI, in molti dei suoi discorsi dopo la rottura, ha espresso il desiderio di ristabilire le relazioni in un quadro fraterno. Anche nel 2022 ha ribadito il suo impegno per il dialogo incondizionato, sottolineando che la stabilità e la prosperità delle due nazioni sono inseparabili.

Ma da parte del presidente dal nome così cattivo c’è solo silenzio o veemenza. Il burattino di Algeri si ostina a mostrarsi insensibile all’idea stessa di cooperazione con il Marocco, preferendo murarsi nel ruolo di vittima immaginaria del “complotto marocchino”. Alla fine, tralasciando le mille altre avventure (miserie sportive, Summit arabo di Algeri, morte di vacanzieri marocchini e franco-marocchini, la storia recente dei visti itou itou…), la vera domanda è: fino a quando va questa escalation?

L’Algeria, paralizzata dalla propria retorica, continua a giocare la carta del nazionalismo, mentre il Marocco, fiducioso nella propria legittimità, accumula consensi sulla scena internazionale. Il silenzio algerino di fronte agli appelli del Re, la cessazione degli scambi di gas, la chiusura delle frontiere terrestri e aeree non fanno che evidenziare una verità: Algeri preferisce la reclusione alla riconciliazione.

Rabat, dal canto suo, mantiene la testa alta, con una politica delle mani tese, senza illusioni, ma con la certezza che, prima o poi, prevarrà il buon senso. Dopotutto, come dice il proverbio marocchino: “Una mano tesa non bussa mai.” Ma ci vuole ancora qualcuno alla reception.

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