L’UE ha i mezzi per opporsi a Trump? Cronaca “Filterless” di Mémona Hintermann

L’UE ha i mezzi per opporsi a Trump? Cronaca “Filterless” di Mémona Hintermann
L’UE ha i mezzi per opporsi a Trump? Cronaca “Filterless” di Mémona Hintermann
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essenziale
Filtrare senza filtro, la cronaca di Mémona Hintermann, Gran Reporter, ex membro del Consiglio Superiore dell’Audiovisivo. Oggi l’Europa di fronte alle ambizioni di Donald Trump.

Nel giro di una settimana è emersa la vulnerabilità dell’Unione Europea (UE) come costruzione politica, economica ma anche culturale. Ovviamente questa non è un’astrazione, le nostre vite sono direttamente interessate, se non altro dal nostro lavoro, da un certo modo di concepire la democrazia. Vale a dire!

Mémona Hintermann

Dalla sua incoronazione avvenuta il 20 gennaio, Donald Trump ha colto ogni occasione per intimidirci. L’ultima minaccia fino ad oggi, giovedì, nel corso di una videoconferenza con il gratinato dell’economia e della politica riuniti al Forum mondiale di Davos, in Svizzera. Con tono pacato, quasi banale, è stato lanciato un ultimatum nel rapporto dal forte al debole, dal dominatore al vassallo: o gli industriali dei vostri paesi producono negli Stati Uniti beneficiando di una tassazione molto favorevole, oppure sarà sottoposto a dazi doganali come sarà. Il rapporto previsto è del 20%. Una parte del pubblico ha rimproverato, l’altra ha sorriso di fronte a tanta volontà di ricostruire il modello occidentale uscito dal secolo delle guerre mondiali.

Tra gli amici di questa America ci sono i cavalli di Troia dell’Ue, soprattutto l’Italia di Georgia Melloni e l’Ungheria di Viktor Orban, ma non solo loro. Anelli deboli: la Polonia, che non ha mai considerato l’ombrello europeo sufficientemente protettivo, o la Germania – probabilmente guidata dai democristiani di Friederich Merz dopo le elezioni legislative di febbraio – che sostiene il “pragmatismo”. Devi vendere bene le tue auto. In questo schema piuttosto inquietante per le possibilità di rilancio dell’Europa, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non ha mai realmente nascosto il suo allineamento con gli Stati Uniti.

Insomma, prima ancora di parlare dei mezzi da definire per tutelare la competitività del sindacato di fronte ai colpi annunciati, bisogna contare. Alla domanda: chi rifiuterà di piegare il ginocchio, il clan dei “resistenti” potrebbe essere più importante. “Dobbiamo reagire, altrimenti saremo schiacciati”, ha avvertito il primo ministro François Bayrou. Tra i paesi che promettono di resistere allo tsunami trumpista ci sono Francia e Spagna.

Solo che ci sono le parole di chi dice no al diktat di Trump e altri e all’alto muro della realtà. L’Europa ha un ritardo di dieci anni nelle questioni tecnologiche che riguardano l’AI, questa famosa intelligenza artificiale che, si dirà, la prossima rivoluzione dopo quella di Internet. Mancanza di capitale, ma nessun cervello sostiene i più ottimisti.

Il 10 e l’11 febbraio questi temi cruciali saranno sul tavolo di un vertice internazionale a Parigi. Al fianco del nuovo presidente americano si terranno i suoi Top Guns della tecnologia americana tra cui l’immancabile Elon Musk che si spaccia per vicepresidente. Vedremo se l’Ue coglierà questo evento per far valere la sua voce, le sue scelte, la sua resistenza. Una volta dichiarata la guerra, bisognerà difendersi.

L’Europa non ha detto l’ultima parola. In questo ottantesimo anno dalla fine del cataclisma provocato dal nazismo, la storia continua su altri scenari. L’egemonia di un impero, invece, resta un perno centrale. Questa volta è per dominazione commerciale. Gli economisti dicono che nessuno guadagna dalle guerre commerciali. Quando i consumatori dall’altra parte dell’Atlantico se ne renderanno conto, il mandato di Trump potrebbe finire. Dobbiamo mantenerlo finora.

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