le personalità che siedono lì contano più delle organizzazioni politiche da cui provengono”

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le consultazioni aperte questa settimana a Bercy sul bilancio irreperibile segnano il vero avvio del governo Bayrou, il cui orientamento resta da affinare in attesa della dichiarazione di politica generale del Primo Ministro martedì 14 gennaio. Il nuovo inquilino di Matignon ha così è rimasto finora avaro nelle sue dichiarazioni, criptico sulle sue intenzioni a parte l’obbligo di ridurre i deficit per evitare la spirale del debito, questione alla quale affronta da un punto di vista «morale» quanto finanziario. L’altro suo impegno è quello di riesaminare la tanto contestata riforma delle pensioni, ma senza congelamento preventivo e nel rispetto degli equilibri finanziari.

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Niente di molto diverso dagli obiettivi fissati da Michel Barnier, censurati all’inizio di dicembre 2024 dalla sinistra e dall’estrema destra. Per quale miracolo il secondo riuscirebbe meglio del primo, quando la sua base politica si è appena ampliata?

A volte invoca François Bayrou “la scogliera che si avvicina” attivando la scheda drammatizzazione un po’ di più rispetto al suo predecessore; a volte si affida alla sua buona stella, lui che non ha mai dubitato del suo destino. Spesso sottolinea la composizione del suo governo, un collettivo di personalità che vanno dal centrosinistra (François Rebsamen) alla destra (Bruno Retailleau) che spera non solo possa incarnare la funzione per i francesi, ma anche che loro riusciranno, attraverso un dialogo fruttuoso all’interno della propria rete, ad allentare la morsa della censura.

La principale differenza tra i governi Barnier e Bayrou è il criterio di reclutamento dei suoi membri. Il savoiardo aveva escluso sia i leader del partito che i politici troppo navigati. Voleva evitare tensioni intragovernative e mantenere il controllo sui negoziati con i gruppi parlamentari in un contesto politico particolarmente pericoloso. I bearnesi evitavano altrettanto i leader dei partiti politici. D’altra parte, non ha esitato a mettere insieme una squadra di menti forti, capaci di incarnare l’unità nella diversità.

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