Soulaiman Raissouni, rilasciato nel luglio 2024 con la grazia reale dopo essere stato giudicato colpevole di violenza sessuale in un processo ritenuto giusto da diversi osservatori, persiste nel denigrare istituzioni e personaggi pubblici, senza mai supportare le sue affermazioni con prove concrete.
In una lettera indirizzata a L’Indipendenteorgano di stampa apertamente allineato alle posizioni del Fronte Polisario, Raissouni ha ribadito le sue rimostranze contro i servizi di sicurezza marocchini, sospettandoli di essere dietro una presunta “campagna diffamatoria”. Egli sostiene, senza fondamento, di essere monitorato, di essere vittima di molestie e di essere minacciato di tornare in prigione.
Accuse fragili e incoerenti
Raissouni tenta di collegare il suo caso personale agli affari internazionali, compreso il presunto utilizzo del software Pegasus e del Qatargate. Eppure nessuno di questi casi, che si basano più su affermazioni sensazionalistiche che su fatti accertati. “Soulaiman Raissouni cerca di politicizzare il suo caso”ha commentato uno dei suoi ex sostenitori che ha scelto di non rivelarsi. “Queste ripetute accuse contro personaggi pubblici e istituzioni sovrane assomigliano più ad un tentativo di vendetta che ad una ricerca di giustizia”ha aggiunto.
Condannato a cinque anni di carcere nel 2021 per violenza sessuale su un uomo nell’ambito di un reportage sulla comunità LGBT, Raissouni ha sempre eluso il processo con vari pretesti. Il suo rilascio, salutato come un gesto umanitario, non ha rallentato i suoi attacchi contro il Regno, che sono aumentati dal suo rilascio.
Una rete malavita che produce resoconti
Soulaiman Raissouni beneficiava di una rete di relazioni particolarmente consolidata, capace di distogliere l’attenzione dalle gravi accuse mosse contro di lui. Secondo fonti attendibili i suoi collaboratori, anche stranieri, hanno avuto un ruolo determinante nella redazione e diffusione dei rapporti volti a scagionarlo. Questi documenti, abilmente costruiti, cercano di minimizzare le accuse contro di lui, proiettando al tempo stesso l’immagine di un uomo ingiustamente preso di mira. Tuttavia, le testimonianze e le prove schiaccianti addotte dalla sua vittima lasciano poco spazio a dubbi sull’autenticità dei fatti a lui attribuiti.
Raissouni ha scelto di rivolgersi per la seconda volta in pochi mesi a un media ostile al Marocco e non è un caso. “Alleandosi con ambienti ostili in Marocco, Raissouni cerca chiaramente di impegnarsi in una provocazione gratuita”abbiamo commentato. Inoltre, fonti vicine alla vicenda denunciano i suoi commenti su Facebook come “attacchi diffamatori” destinato a offuscare la reputazione di personaggi pubblici marocchini e a screditare gli organi statali.