Il Belgio si è arricchito meno dei suoi partner più vicini. Ecco perché

Il Belgio si è arricchito meno dei suoi partner più vicini. Ecco perché
Il Belgio si è arricchito meno dei suoi partner più vicini. Ecco perché
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Nel 1963, il PIL pro capite del Belgio superava del 15,6% quello vigente nei Paesi Bassi e quello della Vallonia superava ancora quello delle Fiandre. Nel 2022 gli olandesi hanno prodotto e ricevuto il 15,3% in più rispetto ai belgi; il vallone era il 70% di quello fiammingo e il 63% di quello olandese.

Tra i due paesi i valori, la cultura economica e le mentalità divergono. I Paesi Bassi hanno più omogeneità, coesione ed etica protestante del capitalismo (responsabilità e iniziativa individuale). Gli olandesi sono più pragmatici che ideologi, meno proletarizzati e di conseguenza meno “grevicultoristi” e contestatori. Il Belgio è un paese intermedio, più industrializzato, proletarizzato, influenzato dallo statalismo francese perché la sua regione vallona è legata ai paesi latini piuttosto che a quelli scandinavi, anglosassoni e germanici.

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Nella maggioranza di sinistra vallone, i collettivisti eclissano i socialdemocratici. Tipiche a questo proposito sono le osservazioni di un leader politico: “Sì, nel nostro Paese il settore pubblico e quello non-profit sono sproporzionatamente grandi. Ma ne sono orgoglioso perché ci allontana dal capitalismo” o anche con un parrucchino: “Abbiamo creato 300.000 posti di lavoro”mentre un olandese o un fiammingo sanno benissimo che sono le imprese a creare posti di lavoro, che è dal settore commerciale che prendiamo quanto basta per finanziare i settori pubblico e non commerciale e pagare il reddito netto o il potere d’acquisto dei suoi lavoratori.

Il decennio degli “anni stolti”

Un’altra questione importante: il doppio diritto di voto per gli azionisti stabili delle nostre società. Fino a poco tempo fa, l’autorità di regolamentazione belga lo vietava, a differenza di tutti i nostri concorrenti. La paura della diluizione e dei predatori ha impedito aumenti di capitale. Gli azionisti familiari non potevano diversificare e aspiravano a catturare il premio di controllo. Conseguenza: gruppi stranieri hanno preso il controllo delle nostre aziende in tutti i settori. I dirigenti stranieri vengono inviati in Belgio per gestire, delocalizzare i servizi di studio, disinvestire con noi anziché con loro, investire con loro anziché con noi, ecc.

Altro elemento esplicativo: la questione delle pensioni per distribuzione o per capitalizzazione. La Francia e il Belgio, così come i paesi del Club Med, hanno scelto la distribuzione, la capitalizzazione che evoca il capitalismo (un termine vituperato quanto neoliberismo). Jan Tinbergen, socialista olandese e primo premio Nobel per l’economia, convinse il suo parlamento ad abbandonare la distribuzione per la capitalizzazione (regolata in modo intelligente), al fine di proteggere il sistema dai rischi demografici e dall’invecchiamento. Grazie alla capitalizzazione dei fondi pensione che favoriscono il capitale di rischio e lo forniscono alle imprese, i Paesi Bassi si sono industrializzati.

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L’analisi delle politiche di bilancio, salariali e monetarie dal 1973 al 1981 permette anche di comprendere la situazione attuale. I sovrani Martens e Leburton non avevano la classe di Van Acker, Eyskens e Van den Boeynants. Assorbiti dalle tensioni comunitarie e dal rimodellamento federalista costoso e ancora incompiuto (ndr: i cinesi chiamano il Belgio il paese dei ministri), hanno dato vita al decennio dello “zotten jaren” (dixit Jef Houthi, defunto capo della CSC): esplosione di consenso pubblico spese per proteggere i consumatori dagli effetti delle due crisi petrolifere a scapito delle imprese e delle finanze pubbliche, ma anche costi salariali aumentati del 15% nel 1981. Il franco belga è stato svalutato rispetto al marco e al fiorino, non senza aumentare il costo dei capitale più tardi.

La sinistra vallone sogna ancora un’imposta sui capitali

E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente in futuro. Di fronte ad una situazione molto difficile, i deficit eccessivi della Regione vallona e di Bruxelles e della comunità francese, il debito federale, l’invecchiamento, la lotta al clima, le promesse demagogiche della sinistra e le difficoltà nel formare un governo coerente. Quelli al potere, soprattutto a sinistra, amano dare ordini: restaurare la Grand-Place di Ath, il centro urbano di Charleroi, il castello di Marchienne, i bastioni di Binche, ricostruire le costose stazioni di Liegi e Mons.

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Ma il lavoro è temporaneo. Spacciano ogni spesa, anche quella operativa, come un investimento da finanziare legittimamente con il debito. Ma non si tratta di investimenti produttivi, in imprese o nuove fabbriche, che aumentano il potenziale di crescita e l’occupazione futura. La sinistra vallone sogna ancora un’imposta sul capitale – che renda scarsa l’offerta di capitale di rischio – una riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore, un aumento di oltre il 10% del salario minimo, un abbassamento dell’età pensionabile. Se, a seguito della regionalizzazione totale, un giorno tutto ciò avvenisse nella Regione Vallonia, la crisi in quel paese sarebbe molto più grave di quella greca del 2011-2013.

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