La motivazione qui addotta riguarda quindi la sopravvivenza della cozza perla, che tende a scomparire dai nostri corsi d’acqua, dove tuttavia era molto presente in passato, e della cozza grossa, un’altra varietà.
Precisiamo subito che il castoro non distrugge la cozza facendo ogni sera un banchetto cozze-fritture-birra a base di perle. Ma le dighe che costruisce rallentano il flusso dei fiumi, provocando la creazione di sedimenti che impediscono alle cozze di sopravvivere.
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Ottanta cozze
Nei bacini idrografici di Anlier e Rulles, all’inizio degli anni 2000 sono stati effettuati tentativi di reintrodurre le cozze perlifere attraverso il programma European Life, che mira a proteggere le specie in via di estinzione. Oggi ce ne sono alcune dozzine che vivono in un ruscello nella foresta di Anlier: nel 2017 erano 80 e avevano meno di 15 anni. Le ingenti risorse europee investite all’epoca nella reintroduzione delle cozze sono state sfruttate? efficace dato il basso numero di individui in questi fiumi? Non abbiamo la competenza per giudicare questo. Ma l’ambizione per le cozze perlifere in Vallonia non ha limiti, poiché si parla di reintrodurne quasi 6.000 entro il 2028.
Dobbiamo anche chiederci perché il 99% della popolazione di mitili perliferi è scomparsa dai nostri fiumi nel corso del XX secolo. Non è comunque colpa del castoro, scomparso dalle nostre regioni un secolo prima, cacciato per le sue carni e le sue secrezioni utilizzate in profumeria. È infatti anche la mano dell’uomo che ha avuto la meglio sulle cozze dei nostri fiumi. Mi sorprendi! La loro scomparsa, infatti, è stata il risultato di una riduzione della qualità dell’acqua dovuta in gran parte ai prodotti inquinanti scaricati nei campi, alla scarsità di risorse alimentari di molluschi, alla presenza di bestiame lungo i corsi dei fiumi e all’intasamento dei letti dei fiumi.
Ma perché allora privilegiare la cozza perla e la cozza canneta, specie protetta, al castoro, specie altrettanto protetta? Per quanto riguarda il Servizio Pubblico della Vallonia, riteniamo che il castoro sia un “specie il cui stato di conservazione è considerato favorevole in ambito continentale, con un trend positivo, dato che questa specie è diventata comune ed è ancora in espansione”. Se continuiamo a zapparli ogni anno, non è sicuro che continuerà ad espandersi, soprattutto perché è una specie che “si autoregolamentaspiega Frédéric Raes, membro del gruppo dei castori di Natagora. Quest’ultimo ci dice anche che non ha nulla contro la cozza perlata e che non lo è “uno specialista di stampi”. Secondo lui, tuttavia, la Vallonia “sarebbe l’unico in Europa ad avere questo approccio alle cose”.
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La presenza di cozze perlifere in un fiume presenta alcuni vantaggi. Filtra, infatti, 50 litri d’acqua al giorno e la rende di migliore qualità. In passato le perle che producevano alcune cozze erano molto ricercate. Si dice che un abito di Caterina de’ Medici contenesse 32.000 perle. Precisiamo che oggi una perla di un mitilo perlifero non avrebbe più alcun valore.
Il castoro e la biodiversità
Ma anche il castoro ha i suoi usi. Costruendo dighe che gli permettono di proteggere il suo habitat e i suoi discendenti, rallenta il flusso dei corsi d’acqua, cosa preziosa in caso di piogge molto abbondanti. Prezioso per la biodiversità è anche il biotopo paludoso che si sviluppa grazie a queste dighe. Attraverso la sua azione, inoltre, permette ai fiumi di straripare e quindi di riempire le falde acquifere.
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Rimangono due domande. Perché oggi queste due specie non riescono più a coesistere mentre duecento anni fa era così? E se scoprissimo che un’altra specie protetta sta danneggiando la cozza perlifera, elimineremo anche quella?
Se queste future reintroduzioni di cozze perlifere entro il 2028 falliranno, più di 150 castori moriranno inutilmente.