In Svizzera, pochi progressi al primo grande incontro sulla pace in Ucraina

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La presidente del Ghana Nana Akufo-Addo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la presidente svizzera Viola Amherd, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente cileno Gabriel Boric e il primo ministro canadese Justin Trudeau tengono una conferenza stampa durante il vertice di pace in Ucraina, a Stansstad, Svizzera, 16 giugno 2024. ALESSANDRO DELLA VALLE / VIA REUTERS

Come misurare il successo o il fallimento della prima grande conferenza internazionale volta ad ampliare la base degli stati favorevoli al processo di pace in Ucraina, che fino ad oggi si era limitata alla cerchia appena allargata dei paesi “occidentali”, incrollabili alleati di Kiev dal l’invasione russa del 24 febbraio 2022? La diplomazia svizzera ha accolto sabato 15 e domenica 16 giugno un centinaio di delegazioni, metà delle quali europee, nel lussuoso complesso alberghiero Bürgenstock Alpine, di proprietà di una catena alberghiera del Qatar. Secondo la presidente della Confederazione Svizzera Viola Amherd “il vertice ha consentito alla grande maggioranza dei partecipanti di concordare un comunicato comune”il che non era una conclusione scontata.

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Ma rimane una domanda, la principale, ha ammesso: “quando e come coinvolgere la Russia”. Per settimane il Cremlino ha continuato a denigrare questa iniziativa e di conseguenza non ha ricevuto l’invito a partecipare alla conferenza, cosa che la Cina dal canto suo ha eluso.

Siglata da 79 Stati, la dichiarazione finale non è stata quindi firmata da nessuno dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Si sono astenuti Brasile, India, Sud Africa e Arabia Saudita. Quest’ultimo, che potrebbe ospitare la prossima “conferenza di pace” in Ucraina, magari in un formato diverso, era rappresentato dal suo ministro degli Affari esteri, mentre Brasilia e Delhi avevano delegato in Svizzera solo diplomatici di secondo livello o osservatori.

Un testo dalle ambizioni modeste

Come previsto, il testo lo ribadisce “i principi di sovranità, indipendenza e integrità territoriale di tutti gli Stati, compresa l’Ucraina”. Lui denuncia “la militarizzazione della sicurezza alimentare”, mette in guardia dal pericolo nucleare, soprattutto attorno alla centrale di Zaporizhia, e chiede il ritorno dei bambini ucraini deportati dalla Russia. Tante nozioni note da tempo, che non segnano né un avanzamento nella riflessione né “primi passi”, secondo la formula consolidata, ascoltata in più occasioni dietro le quinte del vertice.

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Sabato il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha espresso la speranza di unire la comunità internazionale attorno ad una proposta di pace che potrebbe eventualmente presentare a Mosca. Domenica il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto a modo suo, dicendo che lui “dovrebbe pensare all’ultima proposta” del presidente russo Vladimir Putin, vale a dire una pura e semplice capitolazione dell’Ucraina, cosa che non sarebbe “Non un ultimatum, ma un iniziativa di pace che tenga conto delle realtà sul terreno. »

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