Il Belgio si prepara ai postumi di una sbornia

Il Belgio si prepara ai postumi di una sbornia
Il Belgio si prepara ai postumi di una sbornia
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Una Umore della campagna di Francis Van de Woestyne

Finisce la campagna elettorale. L’origine dell’espressione campagna elettorale è bellicosa. Le campagne (al contrario delle città) servivano, molto tempo fa, come terreni militari dove gli eserciti si affrontavano in battaglie campali: così nacque l’espressione per fare una campagna. Quando i popoli si facevano la guerra tra loro – pazzi di conquista e di potere, certi dittatori-imperatori impugnavano questa triste fiaccola – gli eserciti allestiscono degli “accampamenti” in aperta campagna dove i soldati svolgevano esercitazioni militari. Quando finalmente arrivano le prime elezioni più o meno “democratiche”, la parola campagna assume un significato figurato: chi vuole essere eletto organizza campagne pubbliche. Sono nate così le campagne elettorali che alcuni hanno addirittura chiamato “guerre dei seggi”.

Il termine “campagna” ha perso il suo significato bellicoso. Si noti che altre parole per atti violenti sono entrate nel linguaggio comune. Così un piatto prelibato diventerà, in alcune bocche, un “killer”. E un vino eccezionale sarà “canonico”. Deriva curiosa.

Torniamo a questa campagna elettorale. Che, soprattutto a causa della moltitudine di scrutini (europei, federali, regionali) finisce nella calma, nell’indifferenza e nell’incertezza.

Calma. Nessun elemento veramente inquietante ha segnato questa campagna, come hanno fatto, ad esempio, la crisi della diossina, il volo su Bruxelles, i problemi comunitari. Il governo di Alexander De Croo ha concluso la sua corsa senza crisi ma senza brillantezza. Coloro che mille volte ne hanno annunciato la caduta si sbagliavano. Nessun presidente di partito aveva alcun reale interesse a far cadere l’esecutivo federale e a presentarsi davanti agli elettori. E, perché non sottolinearlo, anche il senso dello Stato ha spinto la squadra ad andare fino a fine legislatura. Ma senza passione. Il matrimonio non era nemmeno una ragione. È stato un matrimonio al contrario. Gli sposi si sono uniti nel male e nel male.

Indifferenza. È più pericoloso della calma. Il disinteresse della popolazione – alimentato dalla concomitanza dei voti – spinge a preferire soluzioni semplici a problemi complessi, nella lotta alla disoccupazione o all’immigrazione, per esempio. Molti cittadini non si sforzano più di ottenere informazioni intelligenti per comprendere le differenze tra i partiti. Votiamo più basandoci sulla faccia di un candidato, su una formula scioccante o sulla performance di un funzionario eletto in un programma televisivo che leggendo i programmi del partito. È deplorevole. Ma l’elettore ha sempre ragione.

Incertezza. Se i sondaggi dovessero essere confermati, il Belgio potrebbe svegliarsi con i postumi di una sbornia terribile. Il Belang (una trentina di seggi?) e il PTB (15-20 seggi?) potrebbero riunire circa 45 seggi sui 150 della Camera. Cosa fare allora? Sarebbe un’impasse politica. Quale informatore, esploratore, sminatore, armeggiatore potrebbe trovare una maggioranza per governare il Paese. Saranno possibili maggioranze regionali. Ma c’è da temere che i presidenti dei partiti, onnipotenti in questo periodo, esercitino rispettivi ricatti tra di loro: vi porterò a livello regionale se voi mi porterete a livello federale. E viceversa. Un governo federale che riunisse tutti i partiti democratici sarebbe ancora una volta fonte di ostacoli. Vivaldi ha chiaramente dimostrato che riunendo troppi gruppi politici, il governo è stato bloccato nel suo desiderio di riformare il Paese (pensioni, tassazione, mercato del lavoro).

Un finale ottimista? Tutti i postumi di una sbornia prima o poi finiscono. Resta da sperare che sia il desiderio di far funzionare lo Stato, il desiderio di renderlo più efficiente, più giusto, a guidare la formazione delle squadre future e non l’ebbrezza del potere.

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