Carta nera chiamata desiderio alla Fabbrica C

Carta nera chiamata desiderio alla Fabbrica C
Carta nera chiamata desiderio alla Fabbrica C
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Con il suo pezzo Carta nera chiamata desiderioRébecca Chaillon offre una straordinaria esperienza di 2 ore e 40 in cui otto donne di discendenza afro si esibiscono attorno alle questioni di intersezionalità che popolano le nostre società.

Eseguito più di sessanta volte in Europa dalla sua creazione nel 2021, Carta nera chiamata desiderio deve il suo nome ad una suggestiva pubblicità degli anni ’90 del marchio francese di caffè Carte Noire.

Prima dell’inizio dello spettacolo, le donne nere e meticce di discendenza afro del pubblico sono invitate a sedersi non sugli spalti, come vuole la tradizione, ma sui divani, dall’altra parte del palco. Mentre alcuni hanno preferito rifiutare l’offerta, altri si sono uniti al divertimento e velocemente i divani si sono riempiti. Il pubblico è così diviso in due, con “gli altri” permanentemente nel suo campo visivo, dietro il palco. Da parte mia ero seduto a lato della tribuna.

Questa esperienza può salvare la vita, secondo Rébecca Chaillon, che sostiene che la non mescolanza permette di “mettere in risalto le proprie diverse percezioni” organizzando un “incontro” di questi due pubblici. Durante lo spettacolo, assistiamo alle reazioni e alle emozioni del pubblico nei nostri confronti, il che rafforza le parole della performance, come se vedessimo lo spettacolo attraverso i loro occhi.

Accompagnata da sette artisti dai talenti diversi (poesia, danza, circo e persino ceramica), Rébecca Chaillon mette in scena il suo corpo con impegno costante. Carta nera chiamata desiderio è un’esperienza straordinaria che sfida i codici del teatro.

Giocare con i pregiudizi

Rébecca Chaillon non risparmia pregiudizi nel suo pezzo. Fatou la babysitter stupisce riportando tessuti colorati dal suo paese e parlando “africano”, mentre gli uomini bianchi cercano la donna “esotica” che corrisponderà alle loro fantasie. La regista offre esclusivamente al suo pubblico del Quebec giochi di parole come “Cacanada” o “poo-tine” durante a cena attorno alla cacca.

Il pubblico è addirittura invitato a partecipare a indovinelli durante uno pseudo-gioco-spettacolo in cui mimano rappresentando la famosa marca di riso Uncle Ben’s (ancora in vendita), Will Smith e perfino il salviorismo bianco. Tra imbarazzo e risate, il pubblico si lascia coinvolgere nel gioco, non sfuggendo a un momento di disagio quando viene mimato il genocidio.

Sebbene la durata del pezzo possa sembrare molto lunga, riflette ciò a cui si rivolge: una storia complessa, perpetrata attraverso generazioni. Alcune scene a volte possono essere faticose. Le stesse azioni si ripetono per più di mezz’ora, spingendoci al limite. Questo disagio ci costringe a riflettere su quanto sta accadendo da quando siamo arrivati ​​nella stanza.

Il corpo al centro del desiderio

In Carta nera chiamata desiderio, è soprattutto il corpo ad essere messo in mostra attraverso una vera e propria riappropriazione dello stesso. A cominciare dalla crema bianca che ricopre il corpo nudo di Rébecca Chaillon e di cui lei si sbarazza fin dall’inizio. In tutto il pezzo, gli artisti tentano di esorcizzare il desiderio postcoloniale che i bianchi nutrono ancora per i corpi delle donne nere e di razza mista.

Per decostruire gli stereotipi di cui le donne afrodiscendenti sono ancora vittime, Rébecca Chaillon decide di utilizzare il cibo come strumento di emancipazione, riecheggiando anche le sue performance precedenti (Lo stomaco nella pelle, 2011). Utilizza alimenti precedentemente coltivati ​​da schiavi neri come caffè, cacao e tabacco. Questi ultimi vengono messi in scena in maniera provocatoria, correndo lungo i corpi, sporcando i vestiti e la scena. Ma l’esperienza non si ferma qui, è multisensoriale e i profumi del cioccolato arrivano fino alle nostre narici.

Carta nera chiamata desiderio è una vera epopea. Una performance che disturba, che scuote, che commuove e dalla quale non si può uscire indifferenti. Il brano è presentato nell’ambito della FTA all’Usine C fino a domenica 26 maggio.

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