Riuscirà Bassirou Diomaye Faye a trasformare il Senegal?

Riuscirà Bassirou Diomaye Faye a trasformare il Senegal?
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LIl Senegal ha fatto molta strada. Ci sono volute due rivolte popolari, nel marzo 2021 poi nel giugno 2023, e una rivoluzione pacifica perché il cambio democratico del potere avvenisse il 24 marzo 2024, ottenuto al termine di un’elezione storica sotto ogni punto di vista.

Da quando è entrato in carica il 2 aprile, il nuovo capo di Stato senegalese, un sovranista assertivo, che guida il suo magistero a ritmo serrato, si è comportato come un presidente risolutamente riformista.

Progetto di trasformazione sistemica

Il “progetto di trasformazione sistemica” al quale il Presidente della Repubblica invita i senegalesi coinvolge la madre delle riforme, quella del servizio pubblico, il cui spirito è riassunto nella sua lettera indirizzata a dipendenti e agenti pubblici, che definisce “ colonna portante dell’amministrazione” e “il cuore pulsante del Senegal”. In questa corrispondenza, che assomiglia a un programma di governance per i prossimi cinque anni, il Capo dello Stato impegna l’amministrazione a una maggiore trasparenza e integrità. Allo stesso tempo, mira a modernizzare la giustizia, troppo spesso accusata di essere asservita al potere politico, e a promuovere il buon governo e la responsabilità.

E per fare ciò, incoraggia gli informatori a condividere, in tutta sicurezza, informazioni relative ad irregolarità o pratiche contrarie all’etica e alla legge. L’operazione non è priva di rischi in una nazione di sangue e famiglie miste. E di solito il Paese è restio a denunciare e la cultura della trasparenza nella cosa pubblica non è radicata.

Infine, Bassirou Diomaye Faye vuole anche avviare una riforma del sistema elettorale che lo abbia fatto eleggere e ridurre i partiti politici, che sono troppo numerosi: quasi 340 in un paese di appena 18 milioni di abitanti.

Resta da vedere se, di fronte a quella che Jaurès ha definito “l’impercettibile fuga dei giorni”, il tempo e le energie dedicate alle riforme amministrative e ai controlli non rischino di distrarre il governo da altre emergenze: la riduzione del costo della vita e il aumento del potere d’acquisto delle famiglie, dell’occupazione delle donne, ma soprattutto dei giovani tentati dal richiamo del mare, i quali, negli ultimi anni, possono aver avuto la sensazione che nel loro Paese non fosse più possibile.

Tuttavia, se il nuovo governo dovesse sciogliere l’attuale Assemblea Nazionale nella quale resta in minoranza, è anche su queste questioni sociali che si deciderà il destino delle prossime elezioni legislative che potrebbero tenersi alla fine del 2024, in parte.

Integrazione e sovranità africana

Il “progetto di trasformazione sistemica” non sarà solo nazionale. Il Ministero dell’Integrazione Africana e degli Affari Esteri, il cui titolo riassume da solo l’ordine delle priorità e il cambio di paradigma, suggerisce che, diplomaticamente, l’Africa sarà il punto di riferimento del governo. Il presidente Faye ha visitato la Mauritania il 18 aprile, poi il Mali il 20 aprile. Le relazioni con i vicini immediati dovrebbero essere la pietra angolare della politica estera del Senegal. Tuttavia, se il Paese vuole “mantenere il suo rango”, dovrà mantenere una visione globale degli affari del continente e del mondo. La sicurezza e la stabilità del Senegal, futuro stato petrolifero ed epicentro di una convulsa regione dell’Africa occidentale, dipenderanno, in gran parte, dallo stato del pianeta.

La “sovranità”, che si basa essenzialmente sulla difesa degli interessi nazionali e permea l’intero progetto di riforma del nuovo potere, si presenta su registri diversi.

Per raggiungere la sovranità alimentare, il governo scommette sul ritorno dei giovani all’agricoltura sostenuta da un’economia rurale collettivista che rivitalizzerebbe le cooperative contadine. È su questi che un tempo poggiava il settore agricolo del Senegal.

La sovranità economica dovrebbe essere la base della prosperità del Senegal e comporterà lo sfruttamento ottimale delle risorse naturali e lo sviluppo endogeno dei territori. Dall’altro capo della catena bisognerà iniziare la battaglia, mai vinta in anticipo, della reindustrializzazione del Paese, puntando su un forte settore privato nazionale per rilanciare un’economia ancora troppo estroversa.

Il governo vuole ricostruire una politica fiscale più equa decretando la fine delle esenzioni ingiustificate e avviando la rinegoziazione dei contratti firmati dalle autorità precedenti, in particolare nel campo degli idrocarburi e delle infrastrutture. Questi negoziati, condotti sotto il sigillo del diritto internazionale, il cui esito è incerto, potrebbero rivelarsi lunghi e difficili. Il rapporto con la Francia, che tanta passione ha suscitato negli ultimi anni, sarà al centro di questi negoziati perché Parigi, primo partner economico del Paese, che intrattiene rapporti commerciali con il Senegal dal XVe secolo, è fortemente (troppo secondo alcuni) presente nell’economia del Paese. Geopoliticamente, il Senegal rimane un punto di sostegno essenziale per la Francia nella subregione.

Allineamento dei pianeti e realtà del potere

Su questo punto tutti gli osservatori sono unanimi: l’alba dei cambiamenti democratici è sempre favorevole alle riforme. Per il momento, anche se alcuni partiti alleati non sono stati chiamati all’azione, la coalizione molto ampia ed eterogenea che ha portato al potere Bassirou Diomaye Faye e il suo primo ministro Ousmane Sonko resta unita. Tuttavia, l’opposizione, ampiamente rappresentata nell’Assemblea nazionale, è in fase di ricostruzione. La società civile, a parte qualche levata e qualche petizione che denuncia, giustamente, la troppo esigua presenza delle donne al governo, osserva con una certa indulgenza i primi passi del nuovo potere.

La nuova potenza senegalese, incarnata da due uomini radicalmente diversi, ma chiaramente complementari, osa osare e sembra voler dare seguito alle proprie convinzioni. La natura profonda di questo duo, che beneficia di un vero ancoraggio sociale al di là del suo elettorato, è inscritta nel suo DNA: porta in sé le chiavi del proprio successo e i potenziali semi del suo fallimento.

Su diversi temi, la realtà quotidiana del Senegal porterà senza dubbio il governo ad adottare posizioni meno nette. Il futuro, che non è mai scritto in anticipo, dirà se, nel tempo, il “progetto di trasformazione sistemica” resisterà alla Realpolitik. Sapremo allora se l’ondata di giovani idealisti antisistema, che hanno lasciato l’amministrazione Tax and Lands dieci anni fa per un’improbabile odissea democratica, ha cambiato la traiettoria del Senegal o se loro stessi saranno cambiati lungo il percorso.

* Tidiane Dioh è una consulente internazionale. Accademico, ex giornalista di riviste La giovane Africa e presso il canale televisivo TV5 Monde è stato funzionario pubblico internazionale per circa vent’anni.

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