“La memoria è indistruttibile e dobbiamo negoziare con essa”

“La memoria è indistruttibile e dobbiamo negoziare con essa”
“La memoria è indistruttibile e dobbiamo negoziare con essa”
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Applaudito al suo arrivo, il crooner Bertrand Belin ha presentato il suo ultimo lavoro giovedì 16 febbraio sera alla Stazione Ausone. Il suo settimo libro, autobiografico, dove, accompagnato da una “Figura” – il suo sosia – il narratore cerca di fuggire da una famiglia in fallimento e da un capofamiglia dispotico.

Come proposto da Sylvie Hazebroucq, che modera l’incontro, l’autore inizia l’incontro leggendo cinque pagine del suo romanzo. Il giornalista prosegue con la sua visione della memoria: “È indistruttibile e bisogna negoziare con essa”, assicura. Bertrand Belin dice di immaginarlo come un continente, dal quale i blocchi possono andare alla deriva durante il disgelo per attraversare le acque del presente.

Afferma di essere timido. Oltretutto la sala piena lo “spaventa”. Un modo divertente per esorcizzare il panico confrontandosi con il pubblico da quasi trent’anni, tra i suoi concerti (sette dischi), i suoi romanzi e le sue conferenze. “Il segno del mio panico? Sono loquace. » Divertente a volte suo malgrado, quando si libera dal suo riserbo con lo stupore di un bambino, Bertrand Belin cattura il suo pubblico che non lo lascia andare, lo segue nelle sue circonvoluzioni, nei suoi meandri, nei suoi impasse – “no, Non sono un osservatore… beh sì” –, i suoi congedati: “Vivere è un mistero? Sì, ok, ma non è una grande novità. »

Si incoraggia quando il suo andirivieni provoca il riso: l’accoglienza gioiosa da parte del pubblico dei suoi stati d’animo, dei suoi silenzi consolida la ragione della sua presenza in scena. “Rimpianti? » domanda Sylvie Hazebroucq: “No. Ebbene sì», esita Bertrand Belin mentre canta una strofa di una canzone futura. Le sue esitazioni delineano paradossalmente una personalità ben definita: “L’autoritarismo serve solo a se stesso. Il potere è il lievito della solitudine patologica. Hai visto Putin all’estremità del suo tavolo di marmo? »

Se Bertrand Belin è “Non lo so[t] non cosa fare con il mondo che [lui] gli viene dato”, gioca molto bene le carte distribuite.

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