“L’escale”: Marion Lejeune scrive un notevole primo romanzo nell’estremo nord

“L’escale”: Marion Lejeune scrive un notevole primo romanzo nell’estremo nord
“L’escale”: Marion Lejeune scrive un notevole primo romanzo nell’estremo nord
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È ripreso il massacro dei cetacei nelle Isole Faroe

La sosta si svolge nel Grande Nord, ventoso, freddo, tra terra e mare, in questo arcipelago situato al largo dell’Atlantico, in questo luogo immaginario che conta migliaia di isole, isolotti e scogli. Piccoli, remoti pezzi di terra, nascosti dietro le brughiere e le erbe selvatiche, aggrappati al vero ritmo del tempo e della natura, i luoghi si rivelano fonte di ispirazione per la scrittrice esordiente, che annida lì personaggi ricchi di mistero e che dice di essere trasportata da la scrittura dello scrittore islandese Jón Kalman Stefánsson (1963) il cui romanzo Tra cielo e terra (Gallimard, 2010) ha avuto un impatto considerevole su di esso.

Minaccia di morte

La storia inizia in mare con una minaccia di morte che crea una tensione palpabile. L’antieroe del romanzo, Grigori, lo straniero, il russo che da tempo non ha più un rublo in tasca, viene smascherato. Da marinaio diventa proprietario terriero. Un passaggio che vive con difficoltà, una ricerca di pace che non ammette mentre si spegne nella sosta, non osando dichiarare il suo amore alla selvaggia Alda, ladra di uova sulla scogliera per guadagnarsi qualcosa da mangiare. La giovane donna, tanto sorprendente quanto accattivante, si avvolge nella sua natura selvaggia per nascondere meglio i suoi difetti.

C’è anche, a bordo del veliero norvegese Le Gren, il vecchio capitano Loukine, anche lui russo, più vecchio e malato di quanto sembri.

Uscendo dalla cabina nel momento in cui Grigori e Thomasson si stanno facendo a pezzi per una scommessa non mantenuta, salva Grigori dalla morte e si offre di accompagnarlo sull’isola. Conosce i residenti lì che potrebbero accoglierlo. È così che i due uomini, che non hanno nulla in comune se non le origini, si ritrovano nella casa di una coppia di insegnanti e dei loro figli.

“Noi, i figli dell’Arcipelago”, un bellissimo romanzo della svedese Astrid Lindgren

Salva la lingua

Entrambi insegnano insieme ai bambini e soprattutto nascondono in casa un torchio che servirà non solo a stampare annunci di morte ma anche, chissà?, forse un giornale nella lingua del paese.

La storia si sviluppa al ritmo della vita isolana, dei segreti ben custoditi, delle cose non dette, degli eventi attesi, come il grind, e di una ribellione silenziosa in nome del patrimonio e della preservazione della lingua. Le parole hanno il loro potere e non è un caso che il parroco celebri la messa in danese. Le informazioni sono distillate dall’autore che maneggia la penna con sano riserbo. Il vocabolario preciso, scelto e ricco scandisce ogni pagina di un primo romanzo che fa ben sperare e di cui salutiamo il contenuto e la maestria, l’altrove che respira sulle parole e sui nostri pensieri.

“Eunice”, il primo romanzo tra rabbia e guarigione di Lisette Lombé

La sosta | Romanzo | Marion Lejeune | Il rumore del mondo, 250 pp., €21

Estratto

Nei suoi occhi rotondi Grigori legge l’avidità frustrata e il disprezzo che vide emergere fin dal primo giorno a bordo, quando il suo nome dal suono straniero cadde nell’orecchio del marinaio. Tuttavia non ha nulla che lo contraddistingua come un intruso, conosce la lingua e i costumi della Norvegia, sono anni che non ha un rublo in tasca, insomma inganna perfettamente la sua gente. Ma a volte basta un semplice nome per allontanare le ostriche locali, l’idea che non siamo del porto, come se avessimo trascinato sulla mappa una melma disordinata dal suo angolo originale. Thomassen è così, il nome gli è caduto nelle orecchie ed è come se Grigori avesse cominciato ad essere una testa più alta dei suoi compagni, al punto che vediamo solo lui, lo straniero smascherato.”.

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